La relazione della DIA: “La camorra si è fatta impresa”

Dalle pagine del documento della Direzione Investigativa Antimafia  emergono due dimensioni parallele e sovrapposte: una violenta, su strada, e una che si rivolge al mondo economico Una camorra ibrida, che si è fatta sistema fino a diventare impresa, che permea ogni settore della società civile e in particolare l’economia di un territorio sempre più in difficoltà, grazie ai suoi capitali illeciti e anche ad una grave crisi valoriale che interessa ampie fasce di amministratori locali.

Dalle pagine della Relazione semestrale della Direzione Investigativa Antimafia emergono due dimensioni parallele e sovrapposte: quella più visibile, su strada, che impatta con violenza sulla vita della popolazione. E una più subdola e meno evidente, che si rivolge al mondo economico grazie anche alla presenza di funzionari della pubblica amministrazione che si rendono disponibili a comportamenti collusivi e a pratiche corruttive.

La camorra diventa parte del circuito legale: gli ingenti profitti derivanti da attività illecite, in primis il traffico di sostanze stupefacenti, vengono immessi nell’economia alterando le regole del mercato e inquinando interi ambiti commerciali.
I clan finanziano imprese e attività produttive in difficoltà, costituiscono reti di relazioni trasversali. Sempre alla ricerca di nuovi settori economici da sfruttare, le organizzazioni criminali campane hanno orientato il proprio interesse verso il commercio di idrocarburi e, recentemente, anche verso la raccolta di olio alimentare esausto.

Come le imprese delocalizzano in maniera legale, così anche i clan hanno imparato a reinvestire i proventi illeciti al di fuori dei confini regionali e nazionali, in modo da trasferire le ricchezza in aree geografiche ritenute più sicure e remunerative.

Una avanzata apparentemente inarrestabile, spiega la relazione della Dia, ma che gli anticorpi dell’antimafia continuano ad arginare e combattere.

 

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