DODICI SCATTI PER IL CALENDARIO DELLA “PORTICI DEL PALLONE”,


Il Portici alla scoperta della sua città. E delle sue eccellenze: Palazzo reale con gli stucchi e i marmi; l’Università, l’Agraria, con l’Orto e la ricerca; il Granatello perduto e ritrovato; il museo di Pietrarsa e i suoi gioielli; il Centro antico, con le sue bellezze scrostate e i suoi segreti.

Alla scoperta o alla riscoperta? E se invece questo giovanotto di centodieci anni portati con orgoglio ed eleganza si fosse dato da fare solo per riconquistarla, come si farebbe con un’amante antica che non si può scordare? Ma è così oppure è l’incontrario? Già, perché ci sta la domanda se è stato il Portici – o “la” Portici, come si diceva tanto tempo fa – che a un certo punto ha smarrito la passione per la sua città, oppure se è stata la città la traditrice del pallone. E chi può dirlo. Quel che è certo è che non se ne uscirebbe a ragionarci chissà per quanto tempo. E allora? E allora ci voleva qualcuno che mettesse il punto al dubbio. L’ha fatto il Portici. Quindi, viva il Portici, che assecondando la nobiltà della sua anima sportiva ha voluto rinsaldare vicinanze e sentimenti con la sua terra e la sua gente.

E così com’è sua tradizione e convinzione da cinque o sei anni a questa parte, l’ha fatto con stile e trasparenza, con impegno e con passione. E anche con un clic ed un balcone. Dodici scatti per questo calendario che racconta la città vista dalla parte del pallone. Anzi, dalla parte di un balcone. Quello di casa Portici, che un destino ruffiano ha riportato proprio là dove ha radici la storia cittadina. Un caso? Può darsi. Di sicuro un simbolismo che non si può tacere quello dell’Associazione Sportiva Portici andata ad abitare nel più antico palazzo di città. Palazzo Capuano, ex Palazzo Stigliano-Carafa, detto pure la “Comuna Vecchia” avendo ospitato una volta il Municipio, nato su un edificio che era già là nell’anno Mille e che negli anni Sessanta – assieme ai suoi seicenteschi affreschi – fu offeso dalla miopia pubblica e dall’avidità privata per spalancare la porta a via della Libertà.

Ecco allora che quel “biglietto da visita blu”, al piano nobile del palazzo della Storia, si carica d’un significato forte. Come se, consapevolmente oppure no, la Portici del pallone l’avesse desiderato quel capolinea del racconto cittadino. Che poi è là, a due passi da dove un tredicenne appassionato di podismo, piccolo e testardo, ossuto e intraprendente, Alberto De Biasio, pensò, desiderò e fondò con i suoi amici la Società Sportiva Portici nel 1906. A casa sua. A villa Naldi, in via Trio numero 2.

Centodieci anni da quel giorno. E’ vero, centodieci anni senza chissà quante medaglie e coppe e titoli e fuochi d’artificio, ma non vale forse quanto e più d’uno scudetto o d’un trofeo l’aver resistito da quel 1906 ad oggi senza abbassare mai la testa, senza mai una resa? Ecco perché, questo calendario voluto dall’A.S. Portici per sé e per la sua città e ricco dei preziosi scatti di Stefano Renna, dopo l’oltraggio dei cent’anni da altri fatti scivolare senza una parola od un ricordo, vuole festeggiare e fare onore pure a questo: a centodieci anni di sport, di vita, di nomi, di volti e storie d’atleti, allenatori, dirigenti e fedelissimi tifosi. Ed è da qui, dalla irrinunciabile memoria di se stesso, che il Portici d’oggi vuole ricominciare.

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