SALE IN CATTEDRA TONY Al Dipartimento di Scienze Sociali Tony Tammaro e il Prof. Lello Savonardo a parlare di cultura e culture
Il giorno 16 Maggio 2017, alla sede della Federico II di scienze sociali, situata a Vico Monte della Pietà, si è tenuto un importante seminario con Tony Tammaro. L’evento stato organizzato dai ragazzi della rivista online La Cooltura uniti a NerdMonday e Udu Scienze Sociali.
Tony è arrivato all’università verso le 11.30, si è sistemato in aula e ha fatto alcune fotografie con i fan. L’aula a mezzogiorno era già piena, contando almeno una ventina di persone in più rispetto alla capienza effettiva.
L’incontro ha avuto inizio verso le 12.30, con un’introduzione da parte di Davide Esposito (organizzatore e direttore di “Cooltura”). “Il motivo di questo incontro era collegare il mondo accademico al mondo della cultura, dato che le tematiche accademiche sono di solito poco interessanti, e bisognava cercare qualcosa che fosse interessante e che allo stesso tempo potesse acculturare. Tony Tammaro, è una vera e propria forma d’arte, che va ascoltata e studiata come tale.”
Subito dopo Tony confessa che non è la sua prima volta all’università, in quanto tempo fa fu invitato alla sede di Lettere Moderne dal professore De Blasi, docente di storia della lingua italiana, per parlare dei dialetti. Questa volta però, è un tipo di incontro diverso, in cui lui può spiegare il suo punto di vista sociologico sulla società in cui vive e sui rispettivi costumi.
Inizia raccontando la sua biografia, e scherzando riconosce che a 56 anni è considerato quasi una figura immortale. Ma da cosa nasce la figura del “tamarro”?
Fin da piccolo Vincenzo Sarnelli (in arte Tony Tammaro), amava osservare come gli esseri umani ostentassero la loro ridicolezza nella risoluzione dei loro problemi, e rideva dei loro modi di fare. “Tamarri”, quindi, erano tutti coloro che fossero diversi. Il padre Egisto Sarnelli, noto cantante classico, non ha mai apprezzato questo suo modo di fare, e ha sempre pensato che in futuro gli avrebbe creato dei problemi, non pensando che sarebbe stata proprio la chiave del suo successo. Per lui il tamarro non è chi cerca di imporre la propria cultura in modo arrogante, bensì il vecchio napoletano colorato, attaccato alle proprie tradizioni e ai propri modi di fare grotteschi ma simpatici.
La parola è passata al prof. di comunicazione giovanile Savonardo. Ha spiegato che Tony è espressione della cultura popolana, dedicata a classi medio-basse, ma apprezzata anche da parecchie élite napoletane. I mutamenti e i cambiamenti della società passano attraverso il popolo; Tony ne ha colte le sfumature e le ha satirizzate, eccedendo nella descrizione di quelli che sono le abitudini dei meridionali. Mostra tutti gli aspetti divertenti e traccia un vero e proprio spaccato del sud. Ha contaminato linguaggi e dialetti, deformandoli con accenti diversi. Ha svolto quella che si può definire una vera e propria estremizzazione dialettale. Utilizza quelle che sono le espressioni e i modi di fare più divertenti (il “vaporetto” a Pasqua, il “trerruote” capovolto, o la vacanza a “Baia Domizia”). Il suo obiettivo è quello di fare arte raccontando. Ogni cittadino napoletano, in almeno una della sue canzoni, può riconoscere sé stesso o un aspetto della propria quotidianità.
In risposta, Tony ammette di aver sempre vissuto in una linea di confine. Cresciuto nel Rione Traiano, non ha mai capito se considerarsi popolare o borghese. Ha sempre vissuto con un alter ego. Da una parte Vincenzo, aspirante persona colta che “compra i libri e qualche volta li legge anche” e il Tony cafone, che va in giro con la vespa per la città. Naturalmente il suo è un personaggio costruito per divertimento, ma spesso viene frainteso. Gli piacerebbe poter scindere le due personalità. Secondo lui non esiste artista che non attinga dal popolano. Cita il fenomeno “Benetton”, che consiste nello spiare i quartieri popolari prendere spunto da ciò che lì è di tendenza.
Parlando dei giovani nuovi talenti, crede che ognuno abbia il dovere di scrivere qualcosa e non debba sentirsi inferiore a chi c’è stato prima di loro. Non bisognerebbe aver paura di salire su un palco solo perché anni addietro ci è salito un personaggio “grande”. I ragazzi d’oggi vivono nell’ombra di grandi volti come De Filippo o Totò.
Il rapporto con la televisione
Per quanto riguarda la sua carriera in televisione, parla di “Tamarradio” un programma diretto da Vincenzo Coppola, nella quale si mette in scena tutta la sua fantasia e il suo spirito di iniziativa. “Un vero artista deve poter avere carta bianca, per questo io non mi sono mai venduto ad aziende che avrebbero potuto cambiarmi.” Mise in scena scenografie divertenti e particolari, come le fogne o delle riprese agli oggetti di scena. “Volevo che la gente capisse che la tv non è altro che finzione” – confessa. E non si vergogna ad ammettere che il declino della tv gli dia gioia. Preferisce il web, e adora il fatto che i giovani possano mostrare il proprio talento con pochi strumenti e poterlo diffondere così facilmente. Ipotizza un ritorno di “tamarradio” sul web.
Il 2016: anno di svolta
Fin dagli esordi è stato abituato a suonare nelle piazze, ma non era mai facile, perché ci sono tantissime persone poco civilizzate che non portano rispetto. Sentendo il bisogno di una svolta, nasce “tamarri in poltrona”, comincia a suonare nei teatri. È partito dal basso, fino a fare sold out all’Alcatraz di Milano, a Barcellona e a Londra. I napoletani sono ovunque.
Curiosità
D: “Qual è stato il concerto che ti ha emozionato di più? E il brano a cui sei più legato?”
R: “Quasi tutti i miei concerti sono stati emozionanti, se devo sceglierne due, dico: il concerto all’ospedale di Posillipo, per i bimbi malati di Leucemia, per cui ci vuole una grandissima forza d’animo. E il concerto al carcere di Secondigliano, dove ho capito che avanti al divertimento anche il peggiore dei criminali sembra buono d’animo.”
D: “Il tuo pensiero su Gabbani?”
R: “Quando ho sentito il responso di Sanremo ho pensato: finalmente! Finalmente un segno di svolta nella musica italiana. Un cantante colto, intelligente ed allegro. Un cantante finalmente non imposto dai canoni tradizionali.”
D: “Come mai i capelli biondi?”
R: “Tutto è nato dal fatto che ogni volta che partecipavo a programmi televisivi non venivo considerato più di tanto. Allora, nel ’98, dopo la vittoria di una partita di calcio della Romania, vidi che tutti i tifosi si tinsero i capelli di biondo. Da lì l’idea, naturalmente mi presero per pazzo, ma almeno mi riconoscono anche da dietro.”
D: “Ciò che è raccontato nelle tue canzoni è accaduto davvero?”
R: “Si, la sig. Gargiulo esiste davvero, e davvero una volta un camion cadde avanti a me in tangenziale. Non erano cocomeri, ma pomodori. Dopo aver chiamato l’ambulanza si sentì una voce che disse <<però è peccato per questi pomodori>>, e quindi con dei sacchetti tutti li raccolsero. L’animo umano è veramente cinico. Solo una canzone non è stata una mia esperienza diretta, non ho mai avuto una 127 blu, era di un mio amico che per creare l’atmosfera metteva le carte delle caramelle Rossana avanti alla lucetta della macchina.”
È davvero il simpaticone che mostra di essere nelle canzoni, ma nonostante il suo successo, è una persona molto umile, fiduciosa nei giovani e che ammira la generazione odierna. Ha salutato i giovani consigliandogli di avere sempre rispetto per l’arte e per la cultura, e ricordando che le persone migliori nascono dal basso.
Ilaria Guardasole
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