L’ABBATTIMENTO DEI SOGNI – La comunità di Pollena Trocchia si mobilita per garantire alla famiglia Cennamo un alloggio. la loro casa è stata abbattuta ieri, nonostante la sentenza del giudice ne preservava una manufatto risalente agli anni ’60

Pollena Trocchia – Potevano aspettare a domani, quando cioè la Cortedi Appello di Napoli si riunirà per discutere dell’eventuale abbattimento parziale della casetta di via Vigna. Venuta giù ieri. Non c’è stato verso. Non è bastata la mediazione di Don Danilo Mastrogiacomo, il giovane parroco della parrocchia di Trocchia né l’estenuante difesa dell’avvocato Pasqua che difende la famiglia Cennamo. Niente da fare, quella casa, i cui abusi c’erano per carità è caduta sotto i colpi ciechi di una ruspa grandissima che assieme alle pietre e al tetto ha portato via i sogni di Felice e di Concetta e dei loro tre figli che fuori quell’orto ci hanno giocato da ragazzini. La questione del contendere, infatti, era relativa alla sentenza del tribunale secondo cui il manufatto abusivo andava abbattuto, ma dovevano essere preservati i 60 metri quadrati che invece si riferiscono ad una costruzione che è stata fatta da prima del 1960. In quella casa, infatti (esiste anche una perizia fotogrammetrica

del manufatto risalente al 1950) si era trasferito il papà del signor Felice appena sposo. “Gli abusi vanno punti – ha detto don Danilo, ma se vince la legge e perde la giustizia non è affatto una cosa bella”. In via Vigna ieri i cittadini, gli abitanti del luogo hanno dato un grosso esempio di civiltà e anche i figli dei coniugi Cennamo sono sempre stati composti. Nessuna parola fuori posto, nessun urlo o tentativo di ostruzionismo. Gli agenti del commissariato di san Giorgio a Cremano e il comandante dei vigili urbani di Pollena Trocchia hanno retto l’impatto di una folla che in lacrime ha visto abbattere i sogni di una intera famiglia. Quegli abusi sono definiti di necessità e non per fini speculativi. I tecnici inviati dalla Procura hanno voluto fosse abbattuta anche la cantina, lì da più di cinquant’anni. “Sono nato in questa casa – ha detto Antonio Cennamo, il secondo figlio di Felice e Concetta – papà e mamma sono contadini e io da pochi mesi ho un lavoro a tempo determinato, non posso accedere a un mutuo e sapere i miei genitori in mezzo a una strada mi distrugge. Purtroppo mi sarei aspettato la vicinanza del sindaco e dei servizi sociali del comune che purtroppo non ci sono stati”. Il sindaco però pare stia disponendo azioni per salvaguardare la famiglia che di fatto non può fittarsi un alloggio in quanto le pensioni minime da braccianti agricoli non rappresentano garanzie valide per locare immobili e tutti i loro averi li avevano riversati in quella casa che serviva a dare un tetto al nipotino che sta per nascere”. Intanto la gente di via Vigna si sta organizzando per dimostrargli concretamente vicinanza. Dagli amici storici, infatti, sta per partire una raccolta di fondi. Il nostro giornale, proprio stamattina è stato contattato da Antonio Silvano, che avrebbe preferito l’anonimato, ma noi pensiamo che vicino a chi da l’esempio ci vogliano i “nomi e i cognomi” che vuole farsi promotore assieme a don Danilo di un sostentamento concreto, almeno per garantirgli la possibilità di accedere a una locazione ad una famiglia da sempre perbene e onesta. Ci facciamo portavoci di questo appello che estendiamo anche a chi disponga di un immobile da locare, facendoci da garanti nonostante le pensioni da braccianti agricoli non siano una garanzia. Pensiamo che l’onestà e le mani rotte della terra, infatti siano la garanzia più grande che possa esistere.

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