Esclusivo: Parla la figlia della coppia Di Leva accusata di gestire un traffico di armi con l’Isis
“Sui miei genitori sono state dette molte bugie“: si racconta in esclusiva ai taccuini de l’Ora Vesuviana, H. Di Leva, figlia di Annamaria Fontana e Mario Di Leva: cittadini di San Giorgio a Cremano. Il 31 gennaio scorso la tranquilla vita cittadina del comune vesuviano è stata scossa dall’arresto dei due coniugi, accusati di traffico internazionale di armi per violazione dell’embargo sancito dall’ONU.
LA FAMIGLIA DI LEVA E SAN GIORGIO A CREMANO. La notizia balzata agli onori delle cronache nazionali ed internazionali ha spinto la più piccola di “casa Di Leva” a raccontare la sua versione in esclusiva a noi de L’Ora Vesuviana. H. ha così raccontato il giorno dell’arresto e il suo rapporto attuale con la città: “Oggi non esiste rapporto – ha detto – ed in questo momento abbiamo capito chi davvero ci vuole bene. Questa triste faccenda ha unito molto di più tutta la mia famiglia, come mai è capitato. Non ho avuto alcun dubbio sulla non colpevolezza dei miei genitori. Non mi è mai neppure sfiorata l’idea che loro possano essere colpevoli. Prima dell’accaduto molti ci chiedevano favori ed aiuti, il giorno dopo non esistevamo più. Molti che erano presenti all’arresto avevano un odio fomentato dalle voci che giravano pochi attimi prima dell’arresto e poi c’è da dire che mia madre è stata in politica per tanti anni, facendo molto bene e ostacolando la camorra cittadina, molti “figli di” o “parenti di” erano presenti tra quelli che urlavano. Anche mio padre era in politica, ma non in una posizione di rilievo, il chè si confà al suo carattere molto riservato”.
“VIVIAMO RECLUSI IN CASA”. La diffidenza dei concittadini, alcuni episodi di vandalismo e i riflettori nazionali ed internazionali puntati addosso ha portato così il resto della famiglia a dover vivere quasi da reclusi, all’interno delle mura della propria abitazione: “Siamo stati per molto tempo chiusi in casa, i giornalisti ci avevano bombardato, varcando anche i limiti della nostra proprietà privata. Mio fratello ha avuto conoscenza dell’arresto dei miei genitori tramite loro. La macchina di mio fratello (Loris Di Leva) è stata oggetto di atti vandalici. Due giorni dopo l’arresto io avevo un colloquio di lavoro per una società di sicurezza molto importante, ovviamente dopo la diffusione dell’accaduto non mi è stato permesso di sostenerlo. Lavorativamente ho le porte chiuse e dopo tanti sacrifici è dura da accettarlo. La nostra vita è cambiata radicalmente e dispiace che è uscita una nostra immagine totalmente lontana dalla realtà. Siamo certi che la giustizia farà il suo corso”.
“MAI CONVERTITI ALL’ISLAM. SIAMO CATTOLICI TOLLERANTI”. Nel racconto di H. emergono anche dettagli sui viaggi in Medio Oriente affrontati più volte dalla famiglia “Non abbiamo mai negato che i miei genitori siano stati in paesi arabi, le foto che sono state pubblicate si possono trovare facilmente su Facebook. Se avessimo voluto nascondere qualcosa le avremmo pubblicate sul social network?Il furgone blindato posto sotto al palazzo dove all’interno vi erano circa 13900 fucili. Numero uno come fai a farceli entrare? Numero due non è un furgone. Numero tre non è blindato e poi ripeto se avessero voluto posizionare un carico del genere, l’avremmo messo nel parcheggio della nostra villa, in bella mostra? Mio fratello Luca, indagato anch’egli, dissero che era un pilota dell’Isis, non ha mai guidato un aereo. Non abbiamo ville a Posillipo, non abbiamo ville in Sud America e non navighiamo nell’oro. Molti giornalisti hanno detto che c’entrasse anche il locale( Sheik al Arab), il quale ha una gestione diversa e da queste notizie ha subito un danno economico ingente”.
JAFAR E LA DAMA NERA. Notizie false sarebbero state riportate dai media, secondo la giovane, anche per quanto riguarda la conversione all’islam dei suoi genitori: “Noi siamo tolleranti verso tutte le religioni, ma mia madre è estremamente cattolica e su questo discorso lei ci è rimasta molto male. La dama nera si riferisce ad una dichiarazione fatta da Sergio De Gregorio nel suo libro in cui la chiamava la “Dama in nero” semplicemente perché mia madre, essendo una persona molto rispettosa, quando viaggiava in certi posti dove per legge devi rispettare certi usi e costumi, indossava questo velo nero. Mio padre non è convertito. Jafaar è un nomignolo che gli abbiamo dato noi. Quando faceva questi viaggi, noi che eravamo bambini lo chiamavamo come il cattivo di Aladdin, perché gli assomigliava(ride)”.
Roberto Liucci e Dario Striano
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