Enrico Manzo, scopritore dell’anima
Nel villaggio distrutto dall’eruzione del Vesuvio nel ’44, Massa di Somma, abita Enrico Manzo. Chi è? Un ragazzo di 32 anni, scrittore e dandy, lettore e creatore delle trame, pittore di umori. Cosi si definisce. Scrive di amori e strane esitazioni, favole ermetiche e manuali favolistici. Scrive per conoscere e trovare, soprattutto per far accadere. La sua prima opera, scritta all’età di 16 anni, rimasta inedita si intitola “Il Principe senza occhi”, una favola autobiografica che racconta di un uomo innamorato, innamorato ma senza occhi perché rapiti da una musa. Né Caino né Abele, nel suo secondo lavoro, Enrico ripercorre le strade già intraprese da molti nello studio del doppio. “In noi coesistono un Abele e un Caino sempre pronti ad odiarsi e amarsi e cosi che un giorno per curiosità, scesi lentamente dentro me e cominciai a spiarli” scrive. Il suo ultimo romanzo, pubblicato anche su un noto sito internet si chiama IBLIS, un racconto di Napoli con i suoi vicoli, le persone che frequenta, rielaborando e “favolizzando”gli incidenti di percorso accaduti nella sua vita, il malessere che subisce, la realtà in cui vive, gli stati sociali. Chiuso nella sua camera, Enrico scrive per demonizzare, demonizza la realtà e la cambia raccontandola da un ego diverso. “Non cerco il riconoscimento, non mi interessa la notorietà, per me l’arte è curativa!”.
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