Arrestato il boss “pentito” di Ponticelli Vincenzo Sarno: secondo i pm di Brescia stava preparando una strage per vendicare il fratello e il cognato
Mettiamola così, sulla questione dei Collaboratori di giustizia ci sarebbe da dire tanto e scriverne di più. Possiamo affermare seriamente che pochi collaboratori di giustizia si sono concretamente pentiti cristianamente, nel senso che hanno deciso di espiare le colpe per aver vissuto distruggendo la vita di altri. Molti altri hanno deciso di collaborare con la giustizia (a vario titolo si intende) soprattutto per i vantaggi che questo status gli comporta, primo tra tutti la detenzione dei beni accumulati col malaffare, almeno quelli non confiscati dalla magistratura. Non si spiega come criminali efferati iniziano il loro percorso di “collaborazione”. Un esempio tra tutti il boss della camorra di Ponticelli Vincenzo Sarno, ultimo dei figli di Antonio e fratello minore del sindaco Ciro Sarno, anch’egli passato a collaborare con la giustizia ma da sempre con un profilo staccato dai clamori della cronaca e dai fenomeni da baraccone di tik tok.
Vincenzo Sarno di fatto, stava riorganizzando il clan familiare, quello che – almeno sulla carta – era stato smantellato una quindicina di anni fa. Si era organizzato per recuperare armi e affiliati, per tornare a Ponticelli e riprendersi il territorio, anche in vista dei lavori nell’area orientale di Napoli per i fondi del Pnrr. Sarno, da sempre tra i più sanguinari del cartello capeggiato dal fratello Ciro e poi da Giuseppe ‘o pepp, è stato arrestato perché raggiunto da un provvedimento di fermo dei pm Donato Greco e Francesco Carlo Milanesi in forza alla Procura di Brescia. Per gli inquirenti: «Voleva tornare a Ponticelli, per uccidere donne e bambini». Nel frattempo deve rispondere di tentato omicidio, per aver organizzato l’incendio dell’auto di Domenico Amato, nel tentativo di stanarlo dal covo nel quale viveva in località protetta e poi ammazzarlo con un commando di killer già pronti all’azione. Amato, vecchio camorrista guardò la sua auto andare in fumo senza scendere e finire sotto il fuoco dei killer. Era ottobre del 2022, alla luce degli accertamenti condotti dalla Dia di Brescia, in piena sintonia con la Dia napoletana. Secondo le indagini Vincenzo Sarno bramava vendetta per gli omicidi del fratello Giovanni Sarno e del cognato Mario Volpicelli (nella foto sopra) che con la camorra non c’entrava nulla.
Gli uomini della Dia hanno ricostruito una trama di intercettazioni e appostamenti, tra scambi di armi di precisione che hanno coinvolto più soggetti attualmente in località protetta. Sono 13 gli indagati, tre i nomi delle persone fermate: oltre a Vincenzo Sarno, sono stati fermati anche Ciro De Magistris (vicino ai potentissimi Contini) e Antonio Verterame. Inchiesta in corso, tutti i soggetti coinvolti avranno modo di replicare alle accuse e vanno pertanto considerati non colpevoli fino a una eventuale condanna definitiva. Intanto, però, su Vincenzo Sarno indaga anche la Procura Napoletana. La Squadra Mobile diretta da Giovanni Leuci ha notificato a Sarno un ordine di arresto, per l’omicidio di Gerardo Tubelli del 1996, quando il clan era egemone a Ponticelli e Tubelli voleva avere uno spazio tutto suo tra Cercola e San Sebastiano al Vesuvio. Dalle indagini è venuto fuori che Sarno in più occasioni è stato avvistato nell’hinterland napoletano una volta “gestito” dalla sua famiglia. Addirittura a Casalnuovo pare fosse stato firmato con una pistola assieme ad altri pregiudicati: fu denunciato a piede libero. Gli inquirenti pensano che il boss si stesse muovendo per recuperare il “tesoro dei Sarno”, soldi liquidi lasciati in mano a impensabili, non riconducibili alla camorra. Alla luce di questo la Dda di Napoli ha chiesto la revoca del programma di protezione per Vincenzo Sarno, misura impugnata dal boss che ha ottenuto la sospensiva dal Tar.
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