Villa Augustea tra storiche bellezze e l’assenza sotto il Vesuvio di un’idea di turismo: la denuncia ProLoco

Somma Vesuviana – “È facile mettere la targa, più difficile è costruire l’edificio. Occorrono attività progettuali, oltre a cambiare i nomi”. Commenta così Franco Mosca, responsabile della Pro Loco di Somma Vesuviana, la proposta della giunta comunale di cambiare il nome della stazione di Mercato Vecchio in Villa Augustea. L’obiettivo è valorizzare questo gioiello dell’archeologia, rimasto sepolto per secoli sotto i fanghi del Vesuvio che, con impegno e passione, gli archeologi dell’università di Tokyo stanno lentamente riportando alla luce.
“Qui abbiamo avuto in media 10mila visitatori all’anno, – racconta uno dei padri del progetto di scavo il prof. Antonio De Simone, docente di discipline archeologiche all’università Suor Orsola Benincasa – questo però non è ancora un sito di visita ma un cantiere di scavo”.
Numeri importanti per quella che sempre più si conferma come una meraviglia archeologica al pari di Pompei ed Ercolano e che, in più, racconta un pezzo di storia a lungo dimenticata cioè quella dell’area vesuviana “a monte” dopo l’eruzione del 79 d.C. che seppellì Pompei.

La prima grande scoperta degli archeologi, che dal 2003 stanno riportando alla luce questa enorme residenza di campagna, è una smentita: non si tratterebbe infatti della Villa “tra Napoli e Nola” dove l’imperatore Augusto ha vissuto gli ultimi giorni della sua vita, ma della residenza di un personaggio molto importante, un governatore o un console, che qui aveva eretto una fastosa residenza di campagna in anni successivi all’eruzione di Pompei. La villa infatti è stata costruita in anni successivi ed è stata abitata per circa tre secoli, fino a che una nuova eruzione, nel 472 d.C., non l’ha quasi completamente seppellita. “Ma i nomi conservano sempre una storia, – precisa il prof. De Simone – Villa Augustea è il nome del saggio di scavo del 1930. Quando abbiamo iniziato a scavare, anche noi eravamo convinti che stessimo lavorando sui detriti del 79 d.C., ma poi ci siamo accorti che i materiali, anche se simili, erano più recenti così siamo riusciti ad identificare correttamente l’eruzione del 472 d.C.”.
Ad oggi l’equipe guidata da Masanori Aoyagi, attualmente responsabile dei beni culturali giapponesi e archeologo di fama internazionale, ha portato alla luce circa 2mila metri quadrati di questa sontuosa villa, che corrispondono all’ingresso e alle sale adibite ai visitatori. Si può solo immaginare, quindi, quanto possa essere enorme l’intera costruzione e quanto ci sia ancora da scoprire. Mancano, ad esempio, gli appartamenti del signore di questa casa, quelli della servitù, le stalle e le terme, sempre presenti in strutture di questa magnificenza. Ma già solo questa parte così parziale ha regalato dei veri gioielli come le colonne di marmo nero monoblocco provenienti dalla Grecia, tre saloni disposti su altrettante terrazze, le pitture raffiguranti i tritoni e soprattutto le due meravigliose statue della “Peplophoros”, donna vestita di peplo, e del dio Dioniso “che rappresenta il vino, il Vesuvio, il territorio e la divinità – precisa De Simone – ed è ancora nella sua nicchia durante l’eruzione. Parallelamente abbiamo trovato un carboncino con il monogramma cristiano, segno che tra gli abitanti di queste sale convivevano entrambe le culture”.
“C’è da fare tantissimo perché la zona vesuviana diventi una meta turistica, – precisa Franco Mosca – occorre convincere i privati e gli attori pubblici che qui ci sono tante meraviglie da valorizzare; questa villa ma anche la chiesa della Collegiata, il centro storico del Casamale, il castello Mediceo di Ottaviano e il santuario della Madonna dell’Arco. Tante bellezze che, se messe in rete, e intersecate all’attività agricola possono essere il vero volano di sviluppo per questo territorio e creare multiformi nuove possibilità lavorative. Solo a Villa Augustea hanno lavorato come accompagnatori circa 200 ragazzi e oggi in molti hanno valorizzato le competenze acquisite nelle loro storie professionali. Questa è una zona ricchissima, ma non c’è mai stato un atto concreto delle varie amministrazioni per fare turismo”.

Daniele De Somma
Foto di Pamela Orrico

 

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