TRACCE DI MEMORIA – L’Adele, il Rosa e il Pierrot: con ”I Cinema di Ponticelli” Partono i racconti di Luigi Verolino sulle periferie, intese come luoghi dell’anima

Leggendo un libro di racconti, mi sono tornate in mente scene della mia vita di più di cinquant’anni fa. Venivano da momenti passati nei cinema di Ponticelli, l’Adele, il Rosa e il Pierrot, e in un cinema all’aperto, l’Arena Aldebaran, gestito dal proprietario dell’Adele.  Questi cinema o cinematografi, come li chiamavano i vecchi, si trovavano nelle vie principali del quartiere: viale Margherita, corso Ponticelli e via Angelo Camillo De Meis; quello all’aperto, in una zona più interna e popolare, la “Vinella”.  Erano cinema di seconda e terza visione, dove nei primi giorni della settimana si proiettavano vecchi film americani in bianco e nero e a volte anche film di registi italiani importanti, come Federico Fellini e Pier Paolo Pasolini, che non avevano grande successo ma restavano in programmazione come gli altri. All’Arena Aldebaran, nei mesi estivi, sempre che non piovesse, venivano proiettati soprattutto film interpretati da Giacomo Rondinella e Amedeo Nazzari, seguiti in massa con grande partecipazione emotiva. Le donne, giovani e anziane, si immergevano in quelle storie d’amore con le lacrime pronte e il fazzoletto in mano. La sala più accogliente ed elegante era quella del Pierrot.

Ospitava anche rappresentazioni teatrali, soprattutto sceneggiate di Mario Merola e spettacoli del comico Trottolino, che era gentile anche quando il pubblico lo maltrattava senza ragione.  L’Adele e il Rosa prendevano nome dalle mogli dei proprietari; erano sale strette e lunghe con il pavimento in discesa che affrettava il passo quando si andava ai gabinetti.  Al cinema Rosa, il più economico e chiassoso, negli anni settanta si proiettavano soprattutto commedie erotiche, che avevano come attrici principali Gloria Guida e Edvige Fenech, e nel decennio successivo, con la crisi del cinema, anche film porno.Frequentavo soprattutto il cinema Adele perché si trovava più vicino a casa mia.  Oltrepassare la pesante tenda di velluto rosso ed entrare in quella caverna buia e misteriosa, dove poteva succedere di tutto, fu per me l’ingresso nel mondo degli adulti. Rimasi colpito dai colori, dalle musiche e soprattutto dalle voci degli attori. Fui rapito dal fascio di luce che dal piccolo quadrato della parete d’ingresso si ampliava fino a inondare tutto lo schermo: vi trovavano posto, vorticando, il pulviscolo della sala e i fumi delle sigarette.  Quando gli attori tacevano e gli spettatori pure, soprattutto all’Adele, si sentiva il ronzio uniforme e costante del proiettore. M’infastidiva però sapere che l’operatore di tanto in tanto mettesse la testa fuori da un finestrino aperto sulla strada per fumare una sigaretta. Lo chiamavamo “Putrella”, era un uomo minuto coi capelli grigi e lo sguardo velato di tristezza.  D’estate, di tanto in tanto, si apriva il tetto dell’Adele per rinnovare l’aria, appesantita dagli odori dei corpi e dal fumo. Mi piaceva vedere le due parti metalliche che si allontanavano lentamente l’una dall’altra per fare posto a una porzione di cielo stellato.  All’inizio degli anni Sessanta mi appassionai ai personaggi di Ercole, Sansone, Maciste e Ursus. L’Adele è oggi una banca, il Rosa un supermercato e l’Aldebaran ha fatto posto a un fabbricato, ma il Pierrot sopravvive grazie all’attività dell’ARCI-Movie.  Ci vado spesso, vi entro sempre in anticipo per fissare il grande schermo prima che il film inizi e per concedermi, a occhi chiusi, tutta la nostalgia che mi posso permettere. * L’articolo è stato liberamente tratto da uno scritto di Antonio Borrelli. Le foto rappresentano due recenti manifestazioni culturali all’interno del cinema Pierrot.

di LUIGI VEROLINO

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