Neocatecomunali sotto il Vesuvio, siamo andati a vedere come funziona la “decima” e la “risonanza”

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Sono Cristiani e vanno in chiesa, come ogni buon cristiano dovrebbe fare. Loro però, si incontrano anche durante la settimana, spesso a porte chiuse “perché ci son solo dei momenti in cui è possibile partecipare al cammino”. Neocatecumenali, pentecostali, carismatici: tutti fedeli dello stesso Dio, ognuno con modalità diverse di preghiera e soprattutto di vivere la comunità. Siamo andati a vedere. Sotto il Vesuvio, infatti, aumentano sempre più le comunità di neocatecumenali e carismatici e con esse anche i misteri sugli incontri, sulla dottrina e sul perché dalla chiesa canonica questi gruppi, spesso vengono avversati come delle vere e proprie sette, pur credendo allo stesso Dio e pregando dagli stessi libri. Andiamo per ordine. A Volla, a San Gennariello (frazione di Pollena Torcchia e a Portici, ci son le comunità neocatecumenali più attive. Il movimento fondato da un pittore spagnolo, Kiko Argüello, è ormai diffuso in tutto il mondo e rappresenta una potenza con cui anche Papa Francesco deve confrontarsi, nonostante sia il primo pontefice ad averlo criticato e rimproverato apertamente. Il primo di quei rimproveri riguardava proprio la questione della messa. In alcune diocesi i vescovi, infatti, hanno fatto leva sulle parole del papa per esigere dai neocatecumenali di smettere di celebrare le loro messe e la veglia pasquale separati dalle rispettive comunità parrocchiali. Il secondo, riguardava il rispetto delle culture locali. Il terzo, riguardava il trattamento degli adepti. “La libertà di ciascuno – ha detto Papa Francesco – non deve essere forzata, e si deve rispettare anche la eventuale scelta di chi decidesse di cercare, fuori dal Cammino, altre forme di vita cristiana”. Siamo andati anche noi in una comunità neocatecumenale. Ci han detto che l’apertura alla catechesi avviene solo due volte l’anno. E ci sta, perché sarebbe difficile comprendere come sia possibile che una comunità cattolico cristiana debba lasciare la “decima” (il decimo dello stipendio lordo) al catechista perché poi ne disponga la comunità o si viva con così tanta angoscia e pathos un momento importante come la “risonanza”, momento dopo la lettura della bibbia in cui, a turno e con l’assoluto obbligo di silenzio per gli altri fratelli e sorelle, ci si smuove a mo’ di campana di tutte le negatività, anche in relazione ai fratelli della stessa comunità. Oltre alla “decima” nel cammino neo catecumenale c’è la totale “aopertura alla vita”: in sostanza esistono in comunità coppie che hanno anche otto figli. Abbiamo incontrato due fedeli, uno fuoriuscito dal cammino, un’altra in pausa di riflessione, momento in cui al fedele viene chiesto di evangelizzare e portare in comunità anche la propria famiglia. “Sono uscito dal movimento – dice Franco (il nome è di fantasia) perché iniziavano a condizionare la mia vita. Mi sono trovato a scegliere tra i valori e l’amore per mia moglie e i miei figli e le imposizioni della comunità”. Anna (il nome sempre di fantasia), invece, è in pausa. In questo periodo deve riflettere. Signora era troppo indisciplinata? “Assolutamente no- dice Anna – una parte del tragitto, che dopo 25 anni prevede l’arrivo a Gerusalemme, è lo stare a casa per coinvolgere, non convincere l’intera famiglia al cammino”.

Paolo Perrotta

 

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