La lettera al Mattino di Rosaria Troisi per gli auguri al grande e indimenticato Massimo


di Rosaria Troisi
NAPOLI – Oggi Massimo avrebbe compiuto 59 anni. E oggi il suo nome salirà al cielo dall’altare della nostra parrocchia, quella di Sant’Anna, come tante altre volte, durante la Messa. In quella chiesa Massimo provò per la prima volta l’ebbrezza del consenso e dell’applauso, lo stupore di avere un seguito, di guardare la platea da un palcoscenico, di avere un pubblico. Nel salone della parrocchia mosse i primi passi nel mondo dello spettacolo. Ora una targa ricorda quei giorni. L’hanno voluta mettere i ragazzi della parrocchia. Sopra c’è scritto semplicemente: «Ricomincio da te». Come modello di vita, di coraggio, di coerenza alle proprie idee. Cose a cui Massimo teneva molto. Nel 1981 fu invitato al Festival di Sanremo per lanciare il suo film «Ricomincio da tre». Noi a casa, la sera, eravamo davanti alla tv aspettando il suo ingresso in scena. Invece, arrivò una telefonata. Risposi io. «Pronto, Massimo, e che ci fai tu qua? Noi ti stiamo aspettando…». Mi spiegò che gli avevano censurato il monologo. Lui aveva deciso di portarne uno dei più scottanti, in cui si rivolgeva all’allora presidente Pertini a proposito del terremoto del Belice. Ma glielo bocciarono. Così aveva preferito rinunciare: «Che cosa credevano – mi disse – che andavo a Sanremo a recitare la poesia di Natale?». Accettare imposizioni esterne avrebbe significato perdere la faccia di fronte al suo pubblico. E anche nostro padre, integerrimo com’era, fu d’accordo. Al telefono gli disse: «E’ fatto bbuono».

Cinquantanove anni… come sarebbe oggi Massimo? Mi riferisco all’aspetto fisico. Mi viene da pensare che
avrebbe pochi capelli bianchi. Come nostro padre. Come i nostri fratelli di qualche anno più grandi di
lui. E, sono sicura, non trascurerebbe la forma fisica, ricordando come stava attento alla dieta e
all’attività sportiva. Per lui erano cose importanti. Come le date del suo compleanno e del suo onomastico. Quand’era più piccolo, andava ancora a scuola, un po’ di giorni prima, sul calendario che avevamo in cucina, in corrispondenza del 19 febbraio e del 27 novembre, segnava con la penna rossa, a caratteri grandi, e in stampatello: «Compleanno di Massimo»; oppure: «Onomastico di Massimo». Per essere sicuri che in famiglia ce lo ricordassimo e gli facessimo un regalo. Questo ci divertiva molto. Lui, invece, si ricordava solo del compleanno di papà. Degli altri, in famiglia, no. Anche perché eravamo in parecchi. Una volta, il 27 novembre, lo chiamai per dargli gli auguri: «Hai visto, me ne sono ricordata, anche se tu non ci tieni». E lui, candidamente: «E chi te l’ha detto? Non ci tengo quando devo farlo io, ma non sai quanto ci resto male quando nessuno chiama me»”. Come ho scritto nel libro fatto assieme a Lilly Ippoliti, «Oltre il respiro – Massimo Troisi, mio fratello», che presenterò venerdì al Pan e i cui proventi andranno in beneficenza, durante il brindisi per la fine delle riprese delle «Postino», Massimo disse: «Ricordatevi di me». È quello che continuo a fare io ogni giorno, custodendo il suo ricordo con delicatezza. Rispettare la sua memoria significa per me non solo non stravolgerla, ma ricordarmi di quanto lui fosse riservato. Perché Massimo era un uomo discreto, con un gran senso del pudore. Ecco perché non amo chi ha avuto il privilegio di stargli accanto e oggi lo ricorda senza rispettare il suo stile, il suo modo di porsi nella vita. Buon compleanno, Massimo.

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