29 APRILE, TRENT’ANNI DAL SECONDO SCUDETTO DEL NAPOLI. GIOIE, DOLORI E LE STELLE FUORI E DENTRO LO SPOGLIATOIO

Il 29 aprile 1990 è una data storica per i tifosi del Napoli: esattamente 30 anni fa la squadra azzurra allenata da Alberto Bigon che sostituì mister Ottavio Bianchi, trascinata da Diego Armando Maradona vinceva il suo secondo scudetto, tre anni dopo il primo tricolore targato 1987. Accadde 30 anni fa: l’ultimo scudetto del Napoli e di Diego Armando Maradona in un’Italia calcistica non invasa dagli stranieri e dagli inciuci, dalla politica e dalle mogli dei calciatori che rubano la scena a i goal e ai mariti. Quella stagione calcistica cominciò male, nel dolore per la morte di Gaetano Scirea e finì il 29 aprile 1990 con i mortaretti nello spogliatoio del Napoli e con Maradona che intervista Bigon, Ferlaino, Carnervale e i compagni col microfono preso dalle mani dell’indimenticabile Gianpiero di Galeazzi, fradicio di champagne e sommerso di asciugamani tirati dai giocatori impazziti di gioia. Scene straordinarie entrate nella storia del calcio e non solo che solo i fotoreporter napoletani potevano documentare e segnare nella storia.

Da allora lo scudetto non è più stato attaccato alla maglia del Napoli che nel frattempo è cambiata, diventando di jeans e camouflage e quelle immagini di Maradona restarono le ultimi immagini del più grande di tutti in trionfo.

Da allora il Napoli è sceso all’inferno e ritornato in alto, ma fino a lassù non è salito più. Il Milan era quello di Sacchi, di Maldini, Baresi, Donadoni, Ancelotti e dei tre olandesi Gullit, Rijkaard e Van Basten, l’Inter era quella di Zenga, Ferri, Bergomi, Brehme, Matthaus, Klinsmann; la Roma era ancora quella di Tancredi, Nela, Giannini, Conti, Voeller, la Fiorentina era quella di Roberto Baggio (che pochi giorni dopo sarebbe passato alla Juve facendo scoppiare la sommossa popolare a Firenze), la Juve non era memorabile quanto quella di Platini e Boniek ma aveva pur sempre Tacconi e Schillaci, la Samp di Boskov era una squadra di fantastici talenti con Vialli e Mancini, i gemelli del goal. Era un calcio italiano mondiale, senza l’apertura delle frontiere come oggi ma davvero stellare. Nel 1990 il Milan vinse la Coppa dei Campioni, la Juventus la Coppa Uefa contro la Fiorentina  e la Sampdoria trionfò in Coppa delle Coppe. L’Italia era la regina del calcio mondiale e il Napoli dell’ingegnere Ferlaino il capitano di uno stile clcistico fatto di sudore, dove gli eccessi fuori e dentro il campo erano “relegati” solo al Pibe de Oro. Pochi giorni dopo, a giugno sarebbe cominciata Italia 90, l’apoteosi di quel paradiso del pallone dove l’Italia  arrivarò “soltanto” terza.

Il Napoli era una squadra stellare: non era solo il Napoli di Maradona, c’erano De Napoli, Mauro, Zola, Carnevale e Careca erano grandi giocatori. Ma comunque Maradona era un marziano atterrato al San Paolo, se non ci fosse stato lui Napoli lassù non sarebbe mai arrivato, nonostante la macchia della monetina che colpì il brasiliano Alemao, che ne approfittò seguendo i consigli del dodicesimo uomo in campo, il massaggiatore Carmando che gli urlò “Stai giù”. Gli scandali nel calcio sono stati tutt’altri.

 

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