POLVERIERA PONTICELLI – Dopo l’ennesimo morto innocente, la città in piazza contro la camorra: nel giorno dell’anniversario della strage al bar Sayonara

I Sarno non ci sono più e alle vecchie guerre di camorra per il dominio del quartiere, fino agli anni 2000 tra i supermercati all’ingrosso e al dettaglio di droga più grandi di Napoli, se ne è sostituita una che vede impegnati due cartelli e che pochi giorni fa ha visto morire sul selciato un giovane innocente (Carmine D’Onofrio) , solo perché figliastro del fratello del boss De Luca Bossa. La società civile, però, è pronta a dire no alla violenza criminale attraverso il Comitato di liberazione dalla camorra – Disarmiamo Ponticelli a pochi giorno dagli ultimi fatti di sangue. Lo fa in occasione dell’anniversario della strage di camorra al bar Sayonara dell’11 novembre del 1989. Nell’eccidio persero la vita due malavitosi, Antonio Borrelli e Vincenzo Meo, affiliati al gruppo di Andrea Andreotti con i quali i Sarno erano entrati in rotta di collisione per la gestione degli affari illeciti a Ponticelli. Morirono anche quattro persone innocenti che quel maledetto pomeriggio si trovavano all’esterno del bar gelateria Sayonara. Salvatore Tenaglia, 53 anni, Domenico Guarracino di 45, Gaetano Di Nocera di 56 anni, cassintegrato dello stabilimento siderurgico Italsider di Bagnoli e Gaetano De Cicco, 38enne dipendente del Comune di Napoli che fu identificato a fatica: aveva la faccia spappolata dai proiettili e in tasca nessun documento. A 32 anni da quel sangue innocente versato, a Ponticelli si continua a sparare e a morire. E continuano a morire innocenti.

Il coordinamento del Comitato di liberazione dalla camorra si è riunito presso il polifunzionale intitolato a ‘Ciro Colonna’, altra vittima innocente dei clan, ha deciso di chiamare alla mobilitazione l’intera città perché quello che accade a Ponticelli è la punta di un iceberg e riguarda l’intera città. «È terrorismo camorrista – riferiscono dal Comitato – È una guerra endemica che non si ferma. In questo pezzo di città, anche il linguaggio è cambiato. Le locuzioni temporali e i riferimenti stradali sono stati sostituiti da ‘qualche bomba fa’ e ‘ci vediamo dove hanno ammazzato tizio’. Commercianti, abitanti, l’intera comunità del quartiere della periferia Est di Napoli è ostaggio dell’inquietudine, siamo oltre la paura, è l’adattarsi istintivo a convivere per sfuggire all’indeterminazione dell’orrore».

 

Al Comitato di liberazione dalla camorra aderiscono oltre 50 tra associazioni, enti, sindacati, educatori, parrocchie, gruppi del volontariato, esponenti istituzionali e cittadini da tempo con caparbietà lo ripete: «A Ponticelli manca Napoli». «Ci rivolgiamo alla città distratta – aggiungono gli attivisti – Questo è un invito ad alzare la testa, a gettare lo sguardo oltre i muri invisibili che fanno di Napoli una città divisa, impaurita, acquiescente. Napoli non è Belluno, il fabbisogno di educatori, maestri, asili nido, scuole, corsi di formazione, avviamento al lavoro dev’essere commisurato al principio di realtà e alla situazione di contesto. La cronica carenza di spazi e luoghi di socialità, d’incontro e di cultura, può e deve cessare anche grazie alle opportunità offerte dal PNRR, con interventi di rigenerazione urbana in grado di cambiare il volto di questa grande area della città e con un imprescindibile protagonismo dal basso. È l’ultima chiamata alla città che non c’è e alle istituzioni, percepite a Ponticelli come nelle altre periferie, troppo lontane». Hanno quindi scelto la data simbolica di lunedì, perché dal ricordo di una strage di camorra possa generarsi una speranza di rinascita.

È sabato, sono circa le 18,30 ed a Ponticelli, quartiere di una periferia povera, molte persone affollano le strade adiacenti la gelateria Sayonara ed il limitrofo bar Luisa. Gente normale, che si gode la piacevolezza del clima e si concede un modesto svago. Nei giardinetti di fronte giocano i bambi ni. Ma la morte è in agguato. I sicari irrompono, armati di armi lunghe e corte. Cercano il figlio del proprietario della gelateria, cercano i suoi amici che si ritrovano abitualmente nel locale e nel bar vicino. Li cercano per ucciderli, senza pietà e mettendo in conto il sacrificio di altre vite. Sparano all’impazzata, decine e decine di colpi, alla cieca, in una sarabanda tragica di violenza. Quindi si allontanano, lasciandosi dietro cinque cadaveri ed un corpo agonizzante. Senza contare i feriti, solo alcuni dei quali ricorreranno alle cure sanitarie. Sei morti e tra questi quattro vittime innocenti immolate sull’altare di un onnivoro e spregiudicato disegno di affermazione. La lotta per il potere nella zona di Ponticelli che segna l’inizio dell’impero del clan Sarno comincia nell’infernale pomeriggio dell’11 novembre del 1989. Gli Aprea-Sarno con quel raid dichiarano guerra al ‘cartello’ Andreotti-Nemolato al tempo dominante nei quartieri di Ponticelli e Barra. Iniziò una faida. Oggi, a 32 anni di distanza, sono cambiati i nomi dei protagonisti, ma la camorra continua a uccidere.

 

 

 

 

 

 

 

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