La Camorra Rap: La Dia traccia la geografia e il profilo dei clan: gestiscono le donne e comandano i ragazzini (eredi dei boss) che vestono come le star hip hop

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Nel complesso quanto instabile panorama camorristico alle falde del Vesuvio a comandare sono le donne e giovanissimi feroci discendenti da famiglie camorristiche del passato. Lo attesta la Direzione Investigativa AntiMafia con la puntuale relazione semestrale riguardante la seconda metà dell’anno 2015 che descrive la geografia criminale dei clan  “inquinanti” l’area vesuviana.

Geografia criminale composta da alleanze fluide e mutevoli tra le varie famiglie che presentano una sempre più marcata logica imprenditoriale volta a terziarizzare ad autonome cellule criminali una molteplicità di attività illecite, senza mai rinunciare, però, al controllo diretto delle attività di contrabbando, ricettazione, e spaccio di sostanze stupefacenti. Si nota, dunque, una sempre più ingente apertura imprenditoriale dei clan, che trova conferme anche sul piano sociologico con l’inclusione di professioniste criminali donne nella conduzione e gestione degli affari illeciti.

L’omicidio, avvenuto il 10 ottobre 2015, della sorella del capoclan D’Amico di Napoli est attesta un’emancipazione criminale delle lady-camorra, da ritenersi ormai non più solo serventi alle strategie dell’organizzazione, ma esse stesse in grado di orientare e pianificare, sotto il profilo militare ed economico, le attività della “famiglia”.

La citata uccisione di Nunziata D’Amico, in arte la “Pastellona”, reggente del clan e sorella dei boss Antonio e Giuseppe, rappresenta tra l’altro un tassello importante nelle cruente dinamiche che continuano a segnare la periferia orientale del capoluogo partenopeo: dove, da diversi mesi, è in atto un mutamento della filosofia di alcuni clan che, privi di figure apicali di riferimento, data l’azione repressiva della magistratura, sono gradualmente implosi lasciando posto a gruppi composti da giovanissimi discendenti da famiglie camorristiche del passato. Caratteristica comune è il loro agire con particolare ferocia provocando uno stato di tensione caratterizzato da azioni dimostrative come “stese”, esplosioni di armi da fuoco nelle strade e contro beni di pertinenza ad affiliati a clan rivali, e omicidi consumati e tentati. Il tutto per la gestione del narcotraffico in quello che è considerato, da tempo ormai, il grande supermarket della droga nel vesuviano. Un illecito ingrosso al dettaglio che si estende da San Giovanni a Teduccio a Barra, passando per il quartiere residenziale di Ponticelli.

Proprio a  Ponticelli si registra l’ascesa del clan De Micco, alias i “Bodi”, originariamente costola in zona del clan Cuccaro di Barra, ed oggi cellula indipendente grazie alla loro forte capacità di reclutamento degli affiliati che ne consente una continua rigenerazione. Rigenerazione favorita anche dalla “migrazione” di alcuni affiliati del clan rivale dei D’Amico, indebolito fortemente sia dagli arresti che dagli omicidi eccellenti.

Arresti ed omicidi eccellenti che hanno portato a Barra alla definitiva dissoluzione delle famiglie Guarino-Celeste-Alberto; e ad un indebolimento, seppur live, del clan Cuccaro (sempre però egemone e pronto ad espandersi anche sui territori limitrofi di Massa di Somma, Cercola, Somma Vesuviana e San Sebastiano al Vesuvio) favorendo così i rivali del Clan Aprea, apparsi ultimamente in netta ripresa.

A rendere ancora più “zona rossa” la periferia ad est di Napoli, infine, il conflitto di San Giovanni a Teduccio tra lo storico cartello criminale dei Mazzarella  e i clan Reale, Formicola e Rinaldi: questi ultimi, poi, in costante contrapposizione coi D’Amico di Ponticelli. Sarebbe, infatti, da ricondurre a quest’ultima faida di Camorra, l’esplosione di colpi d’armi da fuoco nei pressi di un esercizio commerciale e dell’abitazione del capoclan dei Rinaldi, sita nel Rione Villa, pochi mesi dopo la sua scarcerazione, datata Giugno 2015.

Situazione diversa in provincia di Napoli dove le famiglie malavitose presentano un modello organizzativo più rigido che passa attraverso una gestione oligopolista delle attività e dei traffici illeciti ed una più intensa opera di condizionamento delle amministrazioni locali. Tale solidità consente, tra l’altro, di perseguire gli obiettivi criminali indipendentemente dallo stato di detenzione dei capi.

E così a Volla e a Casalnuovo a “regnare” sono ancora i Veneruso- Rea; a Pomigliano d’Arco, i Foria; il consorzio Panico-Terracciano-Viterbo a Sant’Anastasia; i Fusco-Ponticelli a Cercola; e gli Anastasio-Cataldo a Pollena Trocchia.

Per quanto riguarda i comuni dell’area costiera, novità rilevanti soltanto a San Giorgio a Cremano:riguardanti lo scontro tra i Troia e una costola del clan Mazzarella che ha fatto tremare, con stese e bombe carta, la Periferia del comune di Troisi fino a Giugno 2016.

Niente cambia a Torre del Greco e Portici, dove comandano, rispettivamente, incontrastati, seppur fortemente indeboliti, i Falanga ed i Vollaro, orfani (nel 2016), questi ultimi, della morte dell’ultimo vero boss della mala vesuviana, Luigi o’Califfo: capo camorra “sciupafemmine” e di altri tempi.

A chiudere la complessa geografia criminale dell’Area rossa il perenne contrasto tra i Birra-Iacomino e gli Ascione-Papale di Ercolano, nonostante entrambe le alleanze, a seguito della cruenta faida di qualche anno fa, siano state fortemente indebolite dall’azione repressiva della magistratura, coadiuvata dalla denuncia di imprenditori e commercianti locali, ormai stanchi dalle continue richieste estorsive da parte dei clan.

 

Dario Striano

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