(VIDEO) Terra dei Fuochi Vesuviana. Il j’accuse di Padre Marco Ricci tra il silenzio e l’assenza delle istituzioni: “Dio ci perdona. L’uomo qualche volta; la Natura mai”…

Le fotografie delle vittime per tumore e leucemia ricoprono l’altare della Chiesa del S. Cuore di Gesù di San Vito al Vesuvio: frazione di Ercolano la cui contrada che si inerpica sulla salita al vulcano dovrebbe rappresentare “l’ingresso al paradiso naturalistico” del Parco Nazionale del Vesuvio; ma che oggi, invece, si presenta come una “discesa agli inferi” della Terra dei Fuochi Vesuviana.

https://www.youtube.com/watch?v=UcHSsRAC7TM&feature=youtu.be

E’ da lì, dal piccolo altare, ricoperto di foto, della “piccola” Chiesa ercolanese che Padre Marco Ricci, in occasione di una tre giorni di eventi e iniziative, religiose e culturali, da dedicare alla Madre Terra, ricorda la strage degli innocenti: bambini, giovani, adulti e anziani che hanno perso la vita nella frazione a Nord di Ercolano a causa di patologie tumorali. Nel silenzio e nell’assenza delle istituzioni il “piccolo” parroco, dal cuore e dal coraggio grandi, le cui denunce hanno permesso il ritrovamento di oltre 100 fusti tossici interrati, lancia un monito di accusa e un invito alla redenzione, a chi ha avvelenato la terra; e a chi, non denunciando, per paura o per collusione, ha contribuito all’inquinamento del territorio vesuviano.

Sono passati oltre tre anni dalla diffusione dei dati del Registro Tumoricafone” redatto a San Vito con l’aiuto del tossicologo Gerardo Ciannella (che esaminando un campione di 324 residenti della contrada ercolanese, ha riscontrato oltre 200 casi di patologie tumorali); oltre due anni dal ritrovamento dei fusti tossici a Cava Montone e Cava Fiengo (questi ultimi ritrovati a seguito delle testimonianze di un pentito); poco più di un anno dalla “passerella della Commissione Parlamentare sul Vesuvio” e dalla promessa di presidio e prevenzione da parte dell’amministrazione locale; e nulla è stato fatto dalle istituzioni per cercare quantomeno di arginare il biocidio nella zona nord del Comune degli Scavi. Le vittime e gli ammalati di cancro di questa bellissima, ma maledetta, “Madre Terra”, gridano ancora vendetta e spingono il prete ad un invito alla denuncia e al perdono per cercare di far emergere la verità sull’avvelenamento del territorio vesuviano:

Oggi ci ritroviamo in tanti per celebrare la vita. – ha detto Padre Marco Ricci – Papa Francesco dice sempre: “Dio ci perdona. L’uomo qualche volta; la Natura mai”. E allora visto che non si vuole scavare nelle cave, scaviamo nei nostri cuori… bonifichiamo le nostre coscienze. E chiediamo perdono dei nostri peccati. Tutti quanti noi, ma in modo particolare, deve chiedere perdono chi ha seppellito e inquinato le nostre terre e chi ha fatto fare ciò. Deve chiedere perdono chi sa ma tace, o perché ha paura o perché è colluso. Deve chiedere perdono chi denigra coloro che si impegnano e denunciano; chi ci dovrebbe tutelare facendo emergere la verità e non affossandola… Deve chiedere perdono chi dice che i roghi tossici nascono dall’autocombustione; chi accusa che si crea allarme e fango tra la gente; chi in consiglio comunale ha detto che diffondiamo solo notizie tossiche; chi ha anche detto che i dati della mortalità dell’Istituto Superiore di Sanità non sono attendibili; chi si piega ai poteri forti e non fa nulla per difendere la Madre Terra e i beni comuni; chi ci prende in giro con false promesse; chi preferisce l’immagine e il selfie alla nostra salute…

L’invito alla denuncia e al perdono di Padre Marco Ricci è accompagnato dalla testimonianza di due giovani donne campane: Anna Magri, madre di Riccardo di Castel Volturno, giovanissima vittima della Terra dei Fuochi, e presidentessa del comitato “Noi genitori tutti“; e Tiziana Boccone, 40enne di Castellammare di Stabia: “Sono la mamma di Riccardo, – ha detto Anna Magri – malato di leucemia a 6 mesi e morto a 22 mesi. Sono 4 anni circa che insieme a mamme come me ,che non si sono piegate al dolore, combatto per un’operazione verità. Col mio figlio siamo passati in brevissimo tempo dal seno al chemioterapico: dalla mano naturale del Signore, a quella artificiale dei macchinari. Ho vissuto in ospedale i suoi primi passi; la sua prima parola; i suoi primi dentini. Avevo promesso di riportarlo a casa, ma non ci sono riuscita. Ho scelto così un nuovo obiettivo: capire il perchè di queste morti. Perchè questa non è soltanto la mia di storia: E’ la storia di Nesia, morta a 4 anni; di Francesco che di anni invece ne aveva 9; e poi ancora di Antonio, Alessia, Alice: bambini che erano nati per vivere e che oggi, invece, non esistono più“. “Ho perso 12 gravidanze. – ha testimoniato con commozione, invece, Tiziana – Ho perso mio padre e mia madre. Nel mio corpo sono stati ritrovati metalli pesanti. Non potrò mai essere mamma: ho perso anche il  tempo per sognare. Vi supplico, nel vostro piccolo, date un contributo per far emergere la verità.

Dario Striano

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