Traffico internazionale di rifiuti metallici, 15 arresti. Le indagini coinvolgono anche il vesuviano

Se fosse partita da sotto il Vesuvio, l’operazione “Ferramiù” si sarebbe chiamata, “operazione ferrar”, ma le indagini sono nate a Torino tre anni fa. Questi i fatti: acquistavano rifiuti metallici in nero, ne falsificavano i documenti per farli sembrare regolari e li consegnavano a fonderie o altre società del settore per essere reimmessi nel circuito produttivo. La Guardia di finanza sta eseguendo quindici misure cautelari – 10 in carcere e 5 ai domiciliari – nei confronti dei presunti appartenenti a una associazione per delinquere internazionale finalizzata al traffico illecito di rifiuti metallici, all’autoriciclaggio e all’emissione e utilizzo di documenti attestanti operazioni inesistenti. Sequestrati beni per 130 milioni di euro, tra disponibilità finanziarie, immobili, veicoli e società.

L’operazione ‘Ferramiù’, termine dialettale piemontese che indica il compratore e rivenditore di oggetti usati, generalmente in metallo, è stata coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura di Torino -pm Valerio Longi – e condotta dai finanzieri del Nucleo di polizia economico-finanziaria Torino, in collaborazione con il Comando Provinciale di Napoli. Le indagini sono iniziate nel 2018 in seguito alla segnalazione relativa ad anomale movimentazioni finanziarie tra un’impresa slovacca e un’azienda torinese, con sede secondaria in Campania, per attività di commercio di materiale ferroso. Secondo l’accusa, l’organizzazione era caratterizzata da una molteplicità di uffici, persone coinvolte, ruoli, mezzi utilizzati, imprese di trasporto, società italiane e straniere. Dal 2018 avrebbe movimentato circa 18.000 tonnellate di rifiuti metallici.

 

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