EMERGENZA CORONAVIRUS – L’odissea del patron della Dieffe, multato e costretto in quarantena per essersi recato in banca a Napoli. “Comprovate le esigenze lavorative”. Di Fiore vince il ricorso al Tar

Pollena Trocchia – Achille Di Fiore è un noto imprenditore vesuviano che da generazioni ha a cuore la sua azienda e come gli ha insegnato il papà, ancor prima il benessere dei propri dipendenti, specie in un momento di forte crisi come questa. Di Fiore è stato multato perché da Pollena Trocchia, dove da diversi mesi non esiste più un istituto bancario, si è dovuto spostare a Napoli per effettuare un versamento che gli occorreva a pagare gli stipendi ai suoi dipendenti. Fermato dai vigili urbani che, applicando alla lettera le direttive di contenimento delle misure di contrasto al Covid-19, lo hanno denunciato per violazione del decreto e, come disposto dalla Regione Campania, Di Fiore titolare della nota azienda di importexport di caschi e accessori per motociclette Dieffe, è stato  sottoposto alla quarantena obbligatoria per i prossimi quindici giorni.

“Il presidente De Luca spieghi a coloro che sono in strada come far rispettare i divieti e chi sanzionare. Sono uscito di casa per comprovate esigenze lavorative, andare in banca a depositare assegni per la mia azienda, avevo con me tutti i documenti che lo provano, ma i vigili urbani di Napoli mi hanno denunciato penalmente e ora dovrò stare anche quindici giorni a casa senza poter lavorare. In pratica dovrò chiudere la mia azienda”

“La Unicredit ha comunicato a noi correntisti le sedi delle agenzie aperte per facilitare le nostre operazione – continua Di Fiore, protagonista anche di una intervista su Radio Marte con Gianni Simioli – e dato che siamo importatori siamo stati dirottati in via Verdi, zona piazza Municipio, dove è attivo il servizio per l’esterno. Per questo stamattina mi sono recato a Napoli e ora mi ritrovo in questa situazione paradossale.  I vigili urbani hanno ritenuto che non i miei non fossero comprovati motivi di lavoro”. Il noto imprenditore vesuviano, conosciuto in tutto il mondo non ci sta, fa ricorso al Tar e lo vince. Presenta la documentazione occorrente a certificare la sua presenza a Napoli, ma i vigili urbani non l’accettano. “Sono un padre di famiglia che ci tiene alla sua salute, a quella dei suoi cari e come mi è stato insegnato alla cura dei miei dipendenti. Non avrei mai trasgredito le norme se non fosse stato per versare in banca i soldi occorrenti al regolare pagamento degli stipendi ai miei dipendenti. In un momento di crisi come questo, potrei stare nella mia bella casa con mia moglie e i miei figli e come me anche i miei fratelli, ma siamo imprenditori vecchia maniera, di quelli che pensano alle famiglie che tutti i mesi da generazioni vivono del lavoro presso l’azienda e nemmeno per un solo attimo ho pensato che potessi essere messo in quarantena forzata solo per amore del mio lavoro e per necessità aziendali. Mi appello alle organizzazioni di categoria, perché tutelino le imprese sane che non vogliono lucrare nei periodi di emergenza e perché per una famiglia di operai aspettare lo stipendio anche solo tre giorni può essere gravissimo per i manage familiari”.

 

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