Tangenti e processi a rilento, condannati cancellieri infedeli

Accesso abusivo ai sistemi informatici, corruzione in atti giudiziari, violazione del segreto istruttorio, occultamento di fascicoli processuali. Dopo l’inchiesta che nel gennaio del 2013 ha svelato un presunto vorticoso giro di tangenti negli uffici del Palazzo di Giustizia di Napoli, per gli imputati che hanno scelto di essere processati con il rito ordinario è arrivato il verdetto. Una sentenza, quella emessa dalla quarta sezione penale, che però si è rivelata ben al di sotto delle aspettative della pubblica accusa. La Procura aveva infatti chiesto complessivamente oltre 280 anni di carcere, riuscendone a ottenere invece poco superiore alla metà. I giudici di primo grado hanno dunque emesso la seguente sentenza di condanna: Ciro Andolfi, 6 anni e 8 mesi; Isabella Ambrosino, 4 anni; Gennaro Attena, 5 anni; Raffaella Basile, 4 anni e 3 mesi; Domenico Cante, 4 anni e 3 mesi; Anna Maria Castagliuolo, 3 anni e 6 mesi; Gaetano Coppola, 4 anni; Rosario Crocella, 3 anni e 6 mesi; Annunziata Cuccaro, 3 anni e 6 mesi; Francesco Del Gaudio, 4 anni e 9 mesi; Giancarlo Di Meglio, 7 anni; Andrea Esposito, 4 anni; Agrippino Ferone, 4 anni e e 3 mesi; Vincenzo Fioretti, 6 anni e 8 mesi; Pasquale Giordano, 6 anni e 11 mesi; Maria Iacolare, 3 anni e 6 mesi; Luca Lamanna, 3 anni e 6 mesi; Giuseppe Lampitelli, 4 anni; Giorgio Pace, 4 anni; Amalia Palumbo, 3 anni e 6 mesi; Mario Pannain, 4 anni; Giovanni Perfetto, 4 anni; Mariano Raimondi, 9 anni e 9 mesi; Angela Russo, 3 anni e 6 mesi; Francesco Venezia, 7 anni; Giancarlo Vivolo, 7 anni; Stefano Zoff, 4 anni e 9 mesi; Patrizia Zunta, 3 anni e 6 mesi. Il tribunale ha dichiarato prescritte diverse contestazioni, per le quali non si è quindi proceduto, e disposto anche alcune assoluzioni, tra cui quella in favore di Carmela Buonerba. In tutto erano 45 le persone finite all’epoca sotto indagine. I provvedimenti eseguiti nel gennaio di sei anni fa riguardavano vicende che sarebbero, secondo la ricostruzione della pubblica accusa, state commesse all’interno degli uffici giudiziari, in particolare presso la Corte d’appello di Napoli e il Tribunale di Sorveglianza. L’ordinanza era stata firmata dal giudice Paola Scandone su richiesta dei pm Gloria Sanseverino e Antonella Fratello.

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