Ricercatore e sognatore – La Storia di Vincenzo Armini e della “sua” NutriAfrica. Dal Vesuviano un progetto per curare la “fame nel Mondo” contro lobby e multinazionali

Il Vesuvio tende una mano all’Africa. Un giovane porticese, Vincenzo Armini, ricercatore trentenne dell’Università di Agraria della Federico II di Napoli, dopo aver inventato un prodotto per combattere la malnutrizione, sta raccogliendo fondi per costruire in Uganda un macchinario, capace di produrre sul posto l’alimento terapeutico: “Questo progetto – ha detto Vincenzo Armini – è nato dalla volontà di associare l’aspetto umanitario derivante dall’attività di volontariato in Croce Rossa all’ambito professionale. Sono così riuscito a trovare dei prodotti che attualmente vengono già utilizzati per il trattamento della malnutrizione acuta severa, creati però dalle multinazionali. Questi alimenti che attualmente vengono fabbricati sono affetti da alcune problematiche serie: come ad esempio l’utilizzo del latte in polvere scremato, a cui molti bambini africani risultano intolleranti; e il costo elevato della licenza e dell’acquisto delle materie prime per la realizzazione del prodotto, non acquistabili in loco”.

Per cui dopo uno studio bibliografico di questi alimenti, durante la laurea triennale in Tecnologie Alimentari, Armini ha cominciato a pensare, durante la magistrale, ad una possibile alternativa certamente più economica e basata su altri tipi di ingredienti. Dopo varie sperimentazioni, è giunto alla conclusione che il prototipo a base di soia e “spirulina maxima”, una micro-alga dalle proprietà nutrizionali superiori, potesse costituire una valida alternativa. “Col dottorato, ho presentato un progetto per la messa a punto della ricetta e poi ho proposto la costruzione di un piccolo impianto pilota che producesse questo alimento in Africa e lo somministrasse alle popolazioni locali per testarne la funzionalità. Il progetto è stato accettato ed è stato pensato per l’Uganda, perché esiste una partnership decennale, “GuluNap”, tra l’Università di Agraria di Napoli e quella di medicina di Gulu. Grazie a questa cooperazione tra le due Università, a Novembre, sono riuscito ad andare in Uganda per fare un sopralluogo e capire se e dove questo programma potesse essere realizzato. Ho incassato il parere favorevoli delle autorità locali e quelle di alcuni ospedali, tra cui l’Ospedale Centrale e quello di St.Mary’s, gestito principalmente dai padri comboniani italiani, tra cui Elio Croce. Coinvolgere presidi sanitari è stato importante sia per assicurare che venga formato un personale fidato, in grado di gestire l’impianto qualora l’Università dovesse essere deficitaria nella gestione; sia per il test dei prodotti sui bambini”.

Due le motivazioni che hanno spinto il giovane porticese ad affrontare questa impresa così ardua: “Sono due i piani per cui spingo questa idea. Uno sociale: per cui alla globalizzazione delle merci e dei mercati credo vada contrapposta quella mondiale dei diritti. L’accesso alimentare e al benessere alimentare credo siano fondamentali per una maggiore giustizia sociale. L’altro, è quella della ricerca scientifica: ormai in mano soltanto alle lobby”.

La buona riuscita della sfida di Vincenzo Armini potrebbe portare anche dei miglioramenti all’intero sistema sanitario ugandese: “In Uganda gli ospedali, nei reparti di Pediatria, hanno una “division unit” destinata proprio alla malnutrizione. Lì, poiché gli ospedali sono molto lontani dai villaggi, si attrezzano per ospitare le intere famiglie dei pazienti. Il prodotto che ho ideato può essere somministrato anche per curare la malnutrizione acuta sia nei soggetti mediamente e lievemente gravi, sia nei pazienti che prima erano gravi ma non ancora del tutto guariti. Ciò può permettere, dunque, pian piano, anche il decongestionamento degli ospedali. Bisogna infatti immaginare che quando scoppiano crisi di malnutrizione, e spesso scoppiano a macchia di leopardo, tutti scappano negli ospedali, sovraffollandoli. la cura del mio alimento da casa può sventare il rischio che intere famiglie si muovano in blocco nelle strutture ospedaliere, impedendone la migliore funzionalità”.

Servono 50 mila euro per la buona riuscita del progetto; motivo per cui il giovane sognatore e ricercatore porticese ha creato un’associazione, “NutriAfrica”, per una raccolta trasparente dei fondi, necessaria alla costruzione dell’impianto in Africa: “I macchinari devono essere acquistati e all’Università mancano i fondi. Un’azienda di Padova, la Microlife, specializzata nella creazione di impianti di spirulina maxima, si è però messa a disposizione per la creazione dell’intero impianto in loco, abbattendo notevolmente i prezzi del progetto. Nel frattempo qui sul territorio napoletano stiamo portando avanti iniziative, mostre, cene di beneficenza, sit-in di informazione per continuare la raccolta fondi, adesso giunta a circa 5 mila euro, dopo solo un paio di mesi. Da un paio di settimane abbiamo anche fatto partire una rete crownfounding sulla piattaforma www.retedeldono.it e attivato un IBAN. Spero di riuscire nell’impresa.

Dario Striano

Per donazioni al progetto

IBAN NUTRIAFRICA:

IT 30 B 05018 03400 000000239414

Denominazione:

Associazione di volontariato NutriAfrica

Nazione: Italia

Provincia: Napoli

Comune: Portici

I commenti sono chiusi, ma trackbacks e i pingback sono aperti.