Portici. 450 mila euro per un Bar/Caffetteria e laboratori a Villa Fernandes: la residenza del boss confiscata alla Camorra, tornata dopo anni di abbandono e degrado nelle mani del Comune e, oggi, “coogestita” senza alcun bando pubblico

450 mila euro per un Bar/Caffetteria, agenzia per il lavoro e diversi laboratori a Villa Fernandes: l’ex residenza del boss confiscata alla Camorra, tornata dopo anni di abbandono e degrado nelle mani del Comune che verrà “coogestita“, per almeno 10 anni,senza alcun bando pubblico, dal Comune di Portici e da una rete di associazioni, dopo diverse polemiche finite, più volte, all’ordine del giorno in Parlamento.

UN PROGETTO PER LA VALORIZZAZIONE DEI BENI CONFISCATI. Fondazione con il Sud e Fondazione Vismara sosterranno, anche quest’anno, 17 nuovi progetti per il Mezzogiorno per la valorizzazione, soprattutto in chiave economica, dei beni confiscati al Sud: ville, locali, appartamenti e terreni sottratti alle mafie ospiteranno ostelli, ristoranti, agriturismi e sartorie sociali, incubatori di impresa, centri culturali.

Gli interventi coinvolgono complessivamente oltre 140 organizzazioni, tra associazioni, cooperative sociali e altri soggetti del terzo settore, enti pubblici, privati e saranno realizzati in Campania (sei tra le Province di Caserta, Benevento e Napoli), in Calabria ( 4 tra le province di Crotone, Reggio Calabria), in Sicilia ( 5 tra le province di Enna, Palermo, Catania) e in Puglia ( due tra le province di Foggia e Bari) – sostenuti complessivamente con circa 6,8 milioni di euro (una media di 400 mila euro a progetto) grazie al contributo di circa 2 milioni di euro della Fondazione Vismara.

IL COMMISSARIO PERMETTE LA “COOGESTIONE” DEL BENE SENZA ALCUN BANDO PUBBLICO. Tra gli interventi previsti da Fondazione con il Sud anche quello riguardante l’ex residenza del clan Rea, confiscata nel 1998 e tornata di proprietà comunale soltanto nel 2015 sotto l’amministrazione retta dall’allora sindaco-magistrato Nicola Marrone.

Con deliberazione n° 18 del 14 Febbraio 2017 ad opera del commissario straordinario, il prefetto Roberto Esposito, il Comune di Portici ha, infatti, accolto la richiesta della Coop. Soc.” SEME DI PACE”, nella qualità di capofila di un raggruppamento di oltre 20 enti del terzo settore, concedendo la partnership dell’ente per la partecipazione al bando, indetto dalla FONDAZIONE CON IL SUD.

L’obiettivo è quello di “sostenere progetti esemplari – si legge sul sito di “Fondazione con il Sud” –  per l’avvio di nuove attività di economia sociale o per il rafforzamento di iniziative economiche esistenti su beni confiscati alla criminalità organizzata“. Per l’attuazione, i partenariati hanno dovuto dimostrare l’effettiva disponibilità del bene confiscato per almeno 10 anni.

L’adesione al progetto, che non comporta oneri economici da parte del Comune, nè l’esclusività della gestione – come specificato nella delibera del commissario prefettizio – del bene, prevede, però, l’utilizzo dell’ex residenza del clan Rea da parte dell’ente comunale e della Cooperativa Seme di Pace: soggetto responsabile di un’ampia rete composta da una pluralità di soggetti e rappresentativa di tutti i settori di attività e di tutte le fasce di popolazione della città di Portici; “ma anche – si legge sempre nel documento redatto dal prefetto Esposito – di organizzazioni che, pur non facendo parte del territorio, sono portatori di un know how specifico che la rete stessa ha individuato come utile alla realizzazione del progetto o di buone pratiche di integrazione, di lavoro di rete e di sviluppo locale dei territori“.

Tra queste, organizzazioni giovanili; associazioni di volontariato in vari settori (della disabilità, del disagio giovanile, della lotta all’usura); associazioni di promozione culturale, che operano nel settore ambientale, delle discipline scientifiche, della creatività e dell’espressività; Consorzi e Fondazioni che supportano iniziative dei propri aderenti su temi specifici (start up e sostegno alla cooperazione sociale, formazione, inserimento lavorativo, sostegno a processi di sviluppo locale);  e parrocchie, in qualità di antenne sui bisogni delle persone e delle famiglie e luoghi di aggregazione e confronto.

OMBRE SULL’ASSEGNAZIONE. BEN DUE INTERROGAZIONI PARLAMENTARI. La stessa Cooperativa Seme di Pace, la cui sede è ubicata a Via Università, nel cuore pulsante della città del Granatello, aveva già partecipato ad un bando relativo all’affidamento della Villa, assieme ad altre due associazioni: una non del territorio, la Cooperativa Sociale B.C.D Group con sede a San Nicola la Strada (CE); e “l’indigena” Collegamento Campano contro le Camorre per la legalità e la non violenza G.Franciosi Onlus, a cui lo scorso 24 Gennaio è stata, tra l’altro, affidata per 11 anni, prorogabili, la gestione della depandance della stessa Villa Fernandes, già in comodato d’uso da Aprile 2013, con determina dirigenziale 46 firmata dal dirigente al Patrimonio, l’architetto Gaetano Improta.

Bando che, nonostante l’assenza di ricorsi, era stato annullato, con atto determinazione 774, lo scorso mese di Ottobre dal dirigente al welfare, Corrado Auricchio, perchè, per “mero errore, veniva omesso il requisito, stabilito dalla delibera n. 149 del 12 marzo 2016, della certificazione da parte dei concorrenti di aver svolto attività nello specifico campo di intervento per almeno 3 anni sul territorio cittadino”. Tutto ciò aveva scatenato in città una serie di polemiche finite addirittura all’ordine del giorno del parlamento italiano.

I senatori Francesco Campanella e Fabrizio Bocchino di Sinistra Italiana, infatti, raccogliendo la segnalazione del neonato collettivo locale Portici Città Ribelle, con un’interrogazione parlamentare, avevano ribadito al Ministro Alfano che l’aspetto per il quale era stata annullata la gara era, invece, già presente nel bando che richiamava per intero alla delibera 149 del 12 marzo 2016. “Le offerte delle 3 associazioni partecipanti alla competizione,– si legge nell’interrogazione parlamentare – che ambivano all’assegnazione della struttura per lo svolgimento delle proprie attività sociali, non sono state aperte e sono state restituite ai mittenti, senza che venisse accertato il possesso o meno del requisito oggetto dell’annullamento della gara di affidamento”.

A presentare una nuova interrogazione parlamentare, nel mese di Marzo, stavolta alla Camera, la deputata di Articolo UnoLuisa Bossa, ex sindaco di Ercolano, avente per oggetto proprio la partecipazione del Comune al bando di Fondazione con il Sud e la possibile coogestione della villa tra Comune e la rete di associazioni capitanata da Seme di Pace onlus, trattata in esclusiva da l’Ora Vesuviana: “Io sono stata un amministratore pubblico – ha rivelato la parlamentare ai nostri taccuini lo scorso 9 Maggio– e non ho mai assegnato un bene pubblico a trattativa privata o a qualcheduno che mi faceva piacere. Il bene pubblico va assegnato secondo le regole e le regole sono quelle di una gestione trasparente in cui tutti possono entrarci. Poi naturalmente sarà, in questo caso, il commissario o una commissione che dirà “a te si perché hai questi requisiti e a te no“. A me pare che non ci sia stata questa attenzione, dalla carte che ho letto… ecco il motivo della mia interrogazione alla quale risponderemo, se soddisfatti o meno, a seconda della risposta che ci darà il ministro o il sottosegretario. Per l’incontro col prefetto che noi abbiamo chiesto e abbiamo ritenuto utile, secondo me avverrà dopo la risposta all’interrogazione“.

“PIU’ INFORMAZIONE E TRASPARENZA”: LA POLEMICA DELL’OPPOSIZIONE. A segnalare, al tempo,alla parlamentare Luisa Bossa la vicenda Mauro Mazzone, oggi consigliere di opposizione per Articolo Uno, che alla luce dei 450 mila euro messi a disposizione per la villa, ha richiesto maggiore attenzione e partecipazione sul progetto di recupero: “È una buona notizia per la città che la villa da noi liberata possa svolgere la sua funzione e riscrivere nell’agenda politica della città il tema dell’antimafia sociale. Sarà un nuovo polmone di legalità per una città in cui la cultura anticamorra ha ancora tanto bisogno di essere promossa e praticata, nonostante il buon lavoro svolto dal presidio di Libera e dal Coordinamento Campano contro la camorra. Ciò posto resta il disappunto per le scelte fatte dal Commissario prefettizio ed il conseguente abbandono delle pratiche partecipative intraprese dalla precedente amministrazione. Continuiamo ad essere convinti che si sarebbe potuta scrivere un’ ancor più bella storia di consapevole ed attiva partecipazione da parte della cittadinanza nella gestione dei beni confiscati, così come avevamo con fatica incominciato a fare. Probabilmente, se ci fosse stata maggiore informazione e trasparenza, lo stesso progetto presentato alla Fondazione con il SUD, avrebbe potuto giovarsi del contributo di più numerosi partner ed di maggiori energie. L’ auspicio è che la Villa , diventi sempre più la culla della partecipazione e dell’anticamorra per la nostra città e non un feudo chiuso ed autogestito, mantenga ed anzi allarghi lo spettro di attività ed si rivolga ad un sempre crescente numero di fruitori“.

LA STORIA DI UN DEGRADO DURATO 16 ANNI. Quella di Villa Fernandes è la storia di un degrado e di un abbandono lunghi 16 anni. Il 17-5-1999 il Ministero delle Finanze consegnava la struttura, confiscata al Clan Rea nel 98 con la sentenza della corte di cassazione del 26 Gennaio, al Comune con l’impegno di adibire l’immobile, una villa in stile Liberty a due livelli, con una depandance e parco annesso di 800 mq, a finalità sociali: “in particolare – come si legge sul verbale di consegna – un servizio sociale rivolto ai minori a rischio con centro studi di formazione per gli operatori del settore, un centro di prima accoglienza e un centro polifunzionale finalizzato al miglior utilizzo del tempo libero.”

Con l’adesione del Comune di Portici al Consorzio S.O.L.E., il 21-10-2003, la struttura veniva affidata all’ente provinciale che si occupa della gestione dei beni confiscati.  Dopo i lavori di riqualificazione del 2009, costati all’incirca due milioni di euro, e finiti nel mirino della magistratura in un’inchiesta che vede indagati 23 tra ex amministratori, politici, dipendenti comunali ed imprenditori, la magnifica casa del boss, nel 2011, veniva consegnata, tramite un protocollo d’intesa tra l’Amministrazione Cuomo, la Provincia di Napoli e il consorzio S.O.L.E., alla Curia Arcivescovile di Napoli, che, a sua volta, con un sub-comodato d’uso, affidava il bene all’Associazione la Tenda, impegnata nel recupero dei tossicodipendenti.

Nonostante i vari affidamenti l’abitazione di “Casa Rea” non era mai stata aperta al pubblico; da qui la decisione del consiglio comunale di Marzo 2014 di uscire dal Consorzio SOLE (15 voti favorevoli e 10 assenti): poichè – come si legge nella Delibera di Consiglio – “non si è mai avuto un significativo ritorno in termini di servizi”. Nel Luglio 2015 diventano così più forti e costanti i contatti tra l’Amministrazione Marrone e l’Arcidiocesi di Napoli, che hanno portato, alla riconsegna a Settembre del bene al Comune di Portici e ad una serie di riunioni indette dall’Assessorato alla Legalità per decidere assieme ai cittadini il futuro della struttura. il tutto prima delle polemiche dei nostri giorni che hanno preceduto la nuova assegnazione, o meglio “coogestione”, del bene.

Dario Striano

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