Ergastolo e isolamento diurno per due anni, interdizione perpetua dai pubblici uffici: la condanna di Giosuè Ruotolo per gli omicidi di Teresa e Trifone

I corpi senza vita di Teresa (30 anni) e Trifone (28 anni) erano stati trovati all’interno della loro auto parcheggiata vicino al palasport di Pordenone la sera del 17 marzo del 2015. Ad ucciderli cinque colpi di pistola – tre per lui e due per lei – sparati da una calibro 7,65. Dopo le indagini del caso, l’unico indagato nonché imputato, risultò Giosuè Ruotolo di Somma Vesuviana, commilitone e vecchio coinquilino di Trifone. Nonostante il ritrovamento dell’arma all’interno del laghetto del parco San Valentino di Pordenone, l’assenza della prova del Dna e di testimoni hanno reso particolarmente difficili le indagini. Dalle ricerche, infatti, è emersa la vicinanza di Ruotolo al luogo del delitto, ma nulla di più. L’accusa si è quindi basata principalmente sul movente: Ruotolo aveva paura di essere denunciato da Trifone per un profilo Facebook falso con il quale interagiva con Teresa, mettendola in guardia dalle “avventure” del fidanzato con altre donne. Se il coinquilino si fosse rivolto alle autorità avrebbe compromesso per sempre la sua carriera. Un’ipotesi mai avvallata dalla difesa, che invece ha sempre sostenuto che non vi fossero state liti fra i due.  Ergastolo e isolamento diurno per due anni, interdizione perpetua dai pubblici uffici, spese processuali e risarcimenti accessori. È questo il verdetto della Corte d’Assise del tribunale di Udine per Giosuè Ruotolo, il militare campano di 28 anni, unico imputato nel processo per il duplice omicidio della coppia di fidanzati Teresa Costanza e Trifone Ragone, uccisi a colpi di pistola nel parcheggio del palazzetto dello sport di Pordenone la sera del 17 marzo 2015.

La sentenza di primo grado non lascia spazio a dubbi: a nulla sono valse le argomentazioni della difesa che ha sempre sostenuto l’innocenza di Giosuè Ruotolo, chiedendone l’assoluzione. Solo ieri, infatti, l’avvocato Giuseppe Esposito, uno dei legali dell’imputato, aveva ribadito di «credere fermamente che Giosuè Ruotolo fosse un detenuto innocente e trattenuto per un fatto che non aveva commesso».

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