Ergastolo per i killer e mandante dell’assassinio di Vincenzo Liguori: la Corte d’Assise accoglie le istanze della Procura

Vincenzo e Mary Liguori

Condanna all’ergastolo per Vincenzo Troia, ras emergente di San Giorgio a Cremano accusato di essere il mandante dell’agguato che doveva  vendicare una denuncia per estorsione e conquistare consenso criminale nella città di Troisi gestita a livello criminale dal Clan Abbate (i Cavallari). Quel tragico 13 gennaio del 2011 però a San Giorgio a Cremano a finire sotto il fuoco dei killer finì Vincenzo Liguori, una persona perbene che stava lavorando nella sua officina, come faceva da anni. La sentenza è stata emessa dai giudici della terza sezione della Corte d’assise e accoglie la tesi della Procura. Condanna a dodici anni di reclusione per Giovanni Gallo, il palo dell’agguato poi passato a collaborare con la giustizia. Sono state le dichiarazioni di Gallo a far luce sulla vicenda.  Ergastolo anche per Giuseppe e Andrea Attanasio, a processo per l’omicidio di Agostino Ascione avvenuto il 10 gennaio 2009 e di altri omicidi. Sotto il fuoco dei kilelr  ci doveva finire solo Luigi Formicola, reo di aver denunciato il clan emergente da una costola degli Abbate, sotto l’ala protettiva del clan Mazzarella della vicina San Giovanni a Teduccio.  Ci finì Vincenzo Liguori, un lavoratore. Solo una persona perbene.

(ndr) Giustizia è fatta. Questa frase per chi è abituato alla cronaca nera e alla giudiziaria, sembra essere di rito  alla fine di un processo. Per chi conosce le vittime, però, la giustizia non è fatta mai. Conoscevo Vincenzo Luguori, non solo perchè papà di Maria mia collega e di Ciro e Luigi (ragazzi perbene tirati su a pane e onestà, valori in disuso in certe zone). Conoscevo Enzo, perchè prima ancora conoscevo il papà Ciro. Persone tutte d’un pezzo, vecchio stampo. Onesti. lavoratori. Esempio non solo per i figli. Quelle mani che hanno sparato e quell’uomo che ha ordinato quell’assassinio brutale, per me meriterebbero la morte o almeno (giustizia sia) il rispetto per la pena. Non servono qui la buona condotta e le collaborazioni. Serve rispetto. rispetto per la vita. Non solo per quella di Enzo che non ci sta più, ma rispetto per chi resta. E a restare è una famiglia dignitosa che ha preferito tacere nel silenzio il proprio dolore, senza far proclami. Una settimana fa ho partecipato al memorial titolato a Enzo Liguori organizzato dall’Associazione Liberi Pensieri di Pollena Trocchia. Maria Liguori (cronista brava e tignosa de Il mattino) prese la parola, commossa per ringraziare gli organizzatori. Con semplicità, eleganza Maria ha dimostrato che gli esempi valgono più dei buoni consigli. Per quegli occhi pieni di lacrime di donna (per la cronaca: Maria Liguori fu chiamata dal suo giornale quel 13 gennaio del 2011, a raccontare di un morto ammazzato a San Giorgio a Cremano. Non lo sapeva che in una pozza di sangue c’era il papà. Solo per questo, farebbero bene gli apologeti dei camorristi a star zitti!) e quelli in disparte di Teresa, la moglie di Enzo, questa sentenza deve esser rispettata. Senza riduzioni di pene. La morte non è riduttiva. La morte di una persona innocente, va condannata. Col massimo della pena. (p.p.)

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