Droga in carcere a Secondigliano, arrestato in carcere Mariano ‘Robinù’ Abbagnara: scoperto dal fiuto del cane con 50 grammi di hashish

Mariano “faccia janca” Abbagnara la sua strada l’ha scelta. E’ un capo. Dentro e fuori il carcere, al punto di essere arrestato da recluso per spaccio di droga in carcere. È stata la reazione smodata del cane antidroga a far insospettire gli agenti della polizia penitenziaria che hanno voluto vederci chiaro ed hanno perquisito il detenuto ed oramai noto attore cinematografico Mariano Abbagnara mentre transitava nei corridoi del carcere di Secondigliano per recarsi al passeggio con i compagni di cella. Come si ricorderà, Abbagnara è stato il protagonista principale del film-documentario “Robinù” di Michele Santoro  andato in onda nelle sale cinematografiche e trasmesso anche dalla Rai in prima serata,. All’esito della perquisizione addosso al detenuto sono stati rinvenuti oltre 50 grammi di sostanza stupefacente, del tipo hashish, occultati negli slip. Così si è proceduto all’arresto in flagranza di reato.
Oggi si è tenuta l’udienza di convalida dell’arresto, ove il Pubblico Ministero ha contestato all’Abbagnara il delitto di detenzione di stupefacente finalizzato allo spaccio, pure aggravato dall’art. 80 della Legge stupefacenti che, tra le plurime aggravanti specifiche, prevede quella dell’aver ceduto lo stupefacente all’interno del carcere.

Convalidato l’arresto, in sede di giudizio direttissimo,  Mariano Abbagnara, su suggerimento del suo legale, ha deciso di definire il procedimento con il giudizio abbreviato. Il Pubblico Ministero, dopo aver formulato la richiesta di condanna ad anni 1 di reclusione, ha chiesto al Giudice di applicare la misura cautelare in carcere, sostenendo che Abbagnara meritasse la severa misura del carcere per la gravità della condotta posta in essere nonché la sua negativa personalità, essendo gravato sia da una condanna per omicidio ad anni 16 di reclusione, sia da una ordinanza di custodia cautelare per associazione camorristica quale elemento di spicco del clan D’Amico, sia perché si rese protagonista anche di una rivolta in carcere .
Infatti, il baby killer allorquando era detenuto al carcere minorile di Airola per l’omicidio di Canfora Raffaele, fu a capo di una rivolta, cui seguirono devastazione delle celle e lesioni agli agenti intervenuti a sedarla.
In tale difficile contesto, la difesa di Abbagnara, rappresentata dall’avvocato Dario Vannetiello del Foro di Napoli, ha dovuto articolare la linea e la strategia da seguire. Ciononostante, le argomentazioni difensive hanno fatto breccia ed all’esito della arringa il Giudice ha ritenuto che lo spaccio fosse di lieve entità, condannando Abbagnara alla mite pena di mesi sei di reclusione. Non solo.
Il Tribunale ha condiviso quanto sostenuto dal difensore dell’imputato circa la inapplicabilità della custodia cautelare in carcere, rigettando in toto la richiesta di applicazione della misura cautelare in carcere formulata dal Pubblico Ministero. Infine, va segnalato che per Abbagnara a breve si aprirà un altro capitolo della sua già travagliata e combattuta storia giudiziaria.
Infatti, dopo il secondo annullamento disposto dalla Suprema Corte di cassazione in accoglimento dei ricorsi proposti dall’avvocato Dario Vannetiello, si dovrà discutere per la terza volta innanzi al Tribunale del riesame di Napoli onde stabilire se sussistono o meno i gravi indizi in ordine alla appartenenza di Abbagnara al clan D’Amico. Nel frattempo il processo di merito al clan D’Amico è in piena fase dibattimentale con udienza fissata giovedì prossimo (11 gennaio)  innanzi al Tribunale di Napoli – I sezione penale -.

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