Continua l’odissea di “Ciro a Mare”. A 7 anni dalla chiusura la rabbia di chi si è ribellato alla criminalità organizzata: “Pagate il pizzo!”

 

13450756_1002135613168371_5582345809197645704_nPoteva rappresentare il simbolo della Lotta al racket; della Portici che si ribella al pizzo e alla prepotenza della criminalità organizzata. Una speranza per chi è ancora imprigionato nella ragnatela dell’omertà e dell’Illegalità. Oggi è solo uno dei tanti ruderi sito all’interno del porto del Granatello. Emblema di un fallimento della Legalità che si legge nel manifesto esposto da qualche giorno dalla famiglia Rossi, storica proprietaria del Ristorante “Ciro a Mare”, incendiato nel 2009 dalla criminalità organizzata e da allora mai più riaperto.

7 anni chiusi, pagate il Pizzo! A Portici la Camorra vince sempre“: la scritta su un telone bianco che sovrasta l’ecomostro rappresenta il grido di rabbia e di rassegnazione da parte dei titolari dell’esercizio commerciale: “In questi giorni avremmo dovuto portare al giudice la delibera che avrebbe sancito l’accordo raggiunto con il Comune di Portici, ma l’ennesimo ostacolo burocratico ha fatto sì che due anni di lavoro andassero a rotoli. – ha detto ai nostri taccuini Tiziana RossiE’ già la terza volta che succede.

Continua la lunga odissea, dunque, che impedisce la concessione e la conseguente riapertura dello storico ristorante distrutto il 4 Gennaio 2009 dalla Camorra locale, nonostante la famiglia Rossi abbia ottenuto nel corso degli anni anche il riconoscimento di “vittima del pizzo” e il fondo di solidarietà destinato alle vittime della criminalità organizzata: “Abbiamo avanzato al Comune di Portici anche un’offerta di 500 mila euro– continua Tiziana Rossi –  perché è giusto pagare ciò che dobbiamo allo Stato. Eravamo morosi perché tra pizzo e tasse non riuscivamo a tenere più in piedi l’attività, ma abbiamo la volontà di voler restituire tutto. Ormai però tutto sembra andato in fumo. Anche se il sindaco continua a promettere l’impegno per la risoluzione del caso, io non credo più a nulla. Sia chiaro, non dò la colpa al sindaco; o meglio, non la dò esclusivamente a lui che sembra più subire le decisioni della macchina comunale. Oggi me la prendo anche con le Associazioni Antiracket e con chi dovrebbe e avrebbe dovuto tutelarci. Nessuno ha avuto e/o ha messo in atto le competenze per risolvere una questione tanto delicata. Potessi tornare indietro, dalla rabbia che nutro al momento, dico che forse continuerei a pagare il pizzo. Dicono che abbiamo compiuto abusi, ma non è vero. Anzi abbiamo riqualificato una zona dove prima veniva spacciata e consumata eroina. Fa male vederla oggi così abbandonata. E fa male vedere l’ennesima piattaforma aprire con facilità sulla scogliera mentre il nostro amato ristorante continua a cadere a pezzi”.

Passano gli anni ma il risultato non cambia. O, almeno, ad oggi, non è cambiato dal 2011, da quando il commissario prefettizio Manzo non poté apporre la firma per la concessione di 29 anni del ristorante. Concessione che adesso spetterebbe all’amministrazione comunale diretta dal sindaco Nicola Marrone: “Rinnovo la mia vicinanza alla famiglia Rossi e continuo a promettere il mio impegno per la riapertura del ristorante – ha dichiarato Nicola Marrone – E’ nato un ostacolo insormontabile che ci ha impedito di portare in consiglio la concessione. Nonostante tutto, l’impegno dell’amministrazione comunale non si ferma. Ho già parlato con il presidente della FAI, Tano Grasso, e con padre Giorgio Pisano, e a breve analizzeremo il da farsi per far si che l’attività venga riaperta… in modo da dare anche un chiaro e netto segnale di lotta ad ogni forma di illegalità“.

Dario Striano

 

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