Il Museo vivente delle Maddri, il monumento più significativo della civiltà italica: esce per RUbettino a cura di Pasquale Iorio

Come ha sottolineato Francesco di Cecio (architetto, già Presidente CdA) nella sua presentazione, il progetto editoriale curato da Pasquale Iorio ed edito da Rubbettino, con la nuova pubblicazione che esce in questi giorni,  si inserisce tra le varie iniziative per la valorizzazione ed il rilancio del nostro Museo Campano oltre i confini nazionali, che ci può aiutare a far conoscere ed apprezzare i tesori di arte e di storia che qui sono contenuti. Questo obiettivo viene favorito grazie all’apporto ed alla collaborazione di autorevoli esperti di storia dell’arte e di beni culturali (come i docenti di varie università: da Eva Cantarella a Nadia Barrella, da Carlo Rescigno a Luigi Carrino, da Fulvio Delle Donne a Florindo Di Monaco alla ex direttrice Maria Luisa Nava). Molto interessanti risultano anche i contributi di varie persone del mondo della scuola e delle associazioni (come la prof.sa Daniela Borrelli, l’ex sindaco di Castel Volturno Mario Luise, lo scrittore Vittorio Russo, la presidente di Italia Nostra Maria Rosaria Iacono, Nicola Terracciano, Luigi Fusco, Daniela e Gianluca De Rosa,  l’ex direttore Mario Cesarano, Pietro di Lorenzo ed Alfredo Fontanella, il presidente di Aislo Stefano Mollica ed il musicista Lello Traisci. Tante personalità che a vario titolo amano il nostro monumento, a cui sono legate per le loro attività di studio e di promozione, che vengono promosse e realizzate negli spazi e nelle prestigiose sale espositive. Il volume rappresenta anche  un omaggio al monumento e si inserirà nell’ambito delle manifestazioni per i 150 anni della fondazione dello stesso Museo, che decorre il 2 maggio 2020 (solo per inciso ricordiamo che nello stesso anno venne costituito anche un altro prestigioso museo: il Metropolitan Museum di New York). Nelle prime due parti sono raccolti scritti e testimonianze che ricostruiscono la storia del monumento e si soffermano sul suo valore educativo, di apprendimento permanente, di testimonianza di una civiltà e di memoria storica.         Il Museo Provinciale Campano di Capua, fondato dal canonico Gabriele Iannelli nel 1870 ed inaugurato nel 1874 con un mirabile discorso dell’Abate Luigi Tosti, è uno dei tesori più preziosi del patrimonio culturale della Provincia di Caserta. E’ stato definito da Amedeo Maiuri, tra i maggiori esperti dell’archeologia campana, “il più insigne della civiltà italica della Campania”, regione a cui Capua ha dato il nome. Il prestigioso monumento, di proprietà della provincia di Caserta, che sotto la guida del presidente Giorgio Magliocca ha avviato un importante progetto di valorizzazione, è ospitato nello storico palazzo Antignano la cui fondazione risale al IX secolo. Nella varietà e vastità del patrimonio archeologico, storico, artistico e librario che ospita vi è lo specchio fedele ed eloquente della millenaria vita di una metropoli che ha visto avvicendarsi nella sua duplice sede, di volta in volta, Osci, Etruschi, Sanniti, Romani, Longobardi, Normanni, Svevi, Angioini, Aragonesi, Spagnoli e così di seguito. I reperti che accoglie, di valore incalcolabile, sono tuttora oggetto di acute ed accurate indagini da parte di personalità culturali di alta qualificazione scientifica.  Come è ben descritto nella parte di documentazione del volume, iI Museo è diviso in due reparti: Archeologico e Medievale con annessa un’importante Biblioteca; occupa 32 sale di esposizione, alcuni depositi, tre grandi cortili, un vasto giardino. A sinistra del cortile (dalla V alla IX sala) è ospitata la collezione delle “Madri”, la più singolare e preziosa del Museo Campano, tra le più rare che musei italiani e stranieri possano vantare. Nell’anno 1845, in prossimità dell’antica Capua, vennero alla luce i resti di una grande ara votiva con fregi architettonici, iscrizioni in lingua osca e statue in tufo. Dal 1873 al 1887 emerse dagli scavi archeologici un numero considerevole di statue in tufo che riproducono quasi tutte una donna seduta con uno o più bambini tra le braccia. Ad avvalorare la tesi che nel luogo dei ritrovamenti fosse esistito un tempio vi fu il fatto che tra le sculture solamente una differiva dalle altre per la spiccata sua impronta ieratica: invece di reggere neonati tra le braccia aveva nella mano destra una melagrana e nella sinistra una colomba, simboli della fecondità e della pace. Quella sola, dunque, doveva rappresentare la dea tutelare del tempio dedicato alla maternità. La dea era la Mater Matuta, antica divinità italica dell’aurora e della nascita e le “madri” rappresentavano “ex voto”: offerte propiziatorie ed espressioni di ringraziamento per la concessione del sommo bene della fecondità.  A questi autentici tesori, unici al mondo, dell’arte antica è dedicata la parte terza del volume, con il capitolo “Adotta un madre. Le radici del futuro”  Nella sala dei mosaici spicca il “coro sacro”, proveniente dal Tempio di Diana Tifatina (Sant’Angelo in Formis), di epoca Costantiniana (III secolo D.C.).. Alla collezione vascolare appartengono vasi di ogni genere ed epoca, provenienti da zone differenti di sviluppo della cultura osco-campana e delle altre culture ivi attive nei secoli. Un’altra collezione imponente del museo é rappresentata dalla raccolta di terrecotte, di cui la maggior parte del VI-V secolo a.C., epoca della cultura italiota campana. Il reparto medievale conserva infine sculture dell’epoca di Federico II di Svevia, tra le quali i resti della monumentale Porta Roma in Capua (1234-1240).  Va segnalato che in alcuni saggi viene ricostruito il legame stretto del Museo Campano         ,della scelta      di insediarlo a Capua con la storia e le radici antiche della città, che è stata teatro e protagonista di tante vicissitudini, lotte e vittima di invasioni. Così come sono ragguardevoli le ricostruzioni di alcune figure mitiche che risalgono alle origini della nostra civiltà, come quelle del dio Volturno, delle Matres fino   all’epoca medioevale di Federico II di Svevia.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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