19.35 del 23 Novembre 1980: 41 anni dal terremoto. Ci sono ancora i containers, le case di fortuna e più di 20 mila pratiche per la ricostruzione da completare: io festeggiavo 4 anni

Erano le 19.35 del 23 Novembre 1980, avrei compiuto quattro anni due giorni dopo, ma siccome il 23 cadeva di domenica, mamma e papà decisero di festeggiare due giorni prima. Solo dopo ho scoperto che o i compleanni non li festeggi proprio o almeno non li festeggi prima. Prima sul tavolo imbandito per la torta e le candeline si mettevano sempre le bottiglie di spumante, quelle di aranciata e coca cola e non so perché le coppe di acciaio rovesciate e incastrate: una cosa tamarra assai che ho visto in alcune feste neomelodiche dove facevo il cameriere ai tempi dell’università. Mamma ci teneva a che i bicchieri, i piatti e le posate di plastica fossero azzurri, per via del figlio maschio… C’erano sempre i panini salsiccia e friarielli, i rustici con la ricotta e il salame che faceva divinamente don Vincenzo Cangiano e le pizzette, stessa mano, stesso cuore. Dei rustici, come oggi delle sfogliatelle, mangio solo la crosta perché non mi piace la ricotta.

La prima scossa. A casa, all’epoca abitavamo a Corso Umberto, proprio alle spalle di quella che era la Pasticceria Cangiano, c’erano i parenti (qualche cugino che pensandoci bene, per come poi è evoluta la vita, nemmeno mi avrebbe fatto piacere avere all’epoca in casa mia…) i miei amichetti dell’asilo (Peppino, Salvatore, Luigi perché quasi fossimo in riformatorio o peggio ancora in seminario era proibito invitare alle feste le amichette) e qualche vicino di casa. Papà avave  la cravatta, che però metteva sempre e mamma il giorno prima andava dal parrucchiere che se non sbaglio all’epoca si chiamasse Aldo, oggi Mario. La prima scossa fu potente, la casa era piccola e divisa a metà da un corridoio. Fuori c’era una specie di giardino, subito dopo il terrazzino. Mi ricordo che zio Gigino invitava tutti ad uscire fuori e intanto i lampadari si muovevano, zia Emilia non si era ancora trasferita con tutta la ciurma prima a Francolise e poi a Sparanise e io fui portato fuori con ancora un panino salsiccia e friarielli in mano. Era il terremoto dell’ottanta, quello che ha distrutto intere famiglie, centinaia di casa e ha arricchito camorristi, palazzinari e politici corrotti con la ricostruzione. Non dormimmo in macchina. Papà aveva la 127 della fiat, zio gigino la Renault 4, che mi piaceva di più. Se non sbaglio era rossa, più avanti ne ho comprata anche io una simile che mi sequestrarono perché non avevo ancora la patente. Era il terremoto dell’ottanta. Dormimmo in macchina per qualche giorno e mangiavamo tutti assieme come al campeggio, che per la verità non mi è mai piaciuto. A zio Gigino si. A Pollena Trocchia il mio paesello, dove come e a Napoli, Salerno e Avellino esistevano i politici corrotti, i palazzinari e i camorristi, per un periodo ci furono i containers.

Dentro prima ci abitavano le famiglie sfrattate dal terremoto, come se fosse il padrone di casa quando non paghi il fitto e poi qualche povero cristo che del terremoto non ha mai saputo niente. 2.735 le persone che persero la vita e le centinaia di migliaia di senzatetto che, per anni, si sono dovuti confrontare con una emergenza che sembrava infinita. Un evento tragico che ha segnato profondamente la comunità e che ancora oggi mantiene visibili le ferite. Numeri e dati che ho scoperto dopo, al liceo e poi meglio all’università perché la parte del corso di storia contemporanea la faceva Luigi Musella ed era sulla tangentopoli napoletana del dopo terremoto. Io avevo quattro anni e le solite facce di cazzo si ingegnavano per far soldi. I nomi degli attori protagonisti e delle comparse me li ricordo ancora. Una ricostruzione costata allo stato cioè a noi 50 miliardi di vecchie lire.

I bipiani a Ponticelli (via Volpicelli) sono ancora lì, ad Avellino ci sono ancora le casette di legno costruite per gli sfrattati e stessa cosa nel beneventano e nel salernitano. Io nel frattempo mi sono fatto diversi compleanni a Nusco del Presidente De Mita, ho scritto di brigate rosse, della camorra di cutolo, di Ciro Cirillo e dei clan napoletani che ancora oggi gestiscono il business delle impalcature: non solo Forcella, per carità, anche quelle al salotto buono della città. 20 mila pratiche per la ricostruzione sono invece ancora ferme, nonostante l’ultimo spot regionale che traccia la mappa della pericolosità strutturale, qualora dovesse venire un altro terremoto: quello dell’80 oggi compie 41 anni e io tra pochi giorni festeggerò

Paolo Perrotta

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